Bush: «La crisi toccherà anche i Paesi emergenti»

nostro inviato a Washington

Quando George W. Bush ha fatto il suo ingresso nella sala del Fondo monetario dove era riunito il G20, seguito da un codazzo di fotografi, i ministri e governatori presenti hanno sbarrato gli occhi: l’arrivo del presidente americano non era stato annunciato a nessuno, neppure al presidente di turno del Gruppo, il ministro delle Finanze brasiliano Guido Mantega. Bush non ha soltanto fatto atto di presenza alla riunione straordinaria del G20, ma ha anche parlato, ammettendo che l’epicentro della crisi finanziaria globale è negli Stati Uniti, e che saranno gli Usa ad accollarsi gli oneri per uscire da questa difficile situazione.
E non è mancata neppure la rituale, piccola gaffe presidenziale, quando Bush ha detto che «la crisi economica colpisce i poveri degli Stati Uniti, anzi i poveri del mondo».
La riunione del G20 è durata circa un’ora e mezza, e Bush si è trattenuto nella sala per una ventina di minuti. Nelle sue conclusioni, il G20 - il gruppo che, insieme al G7, mette insieme importantissime economie emergenti come Cina, India, Sud Africa, Brasile, Indonesia, Russia, Arabia saudita e altri Paesi - mette in risalto che «la crisi attuale rafforza la necessità della cooperazione internazionale». Inoltre, il G20 concorda con le conclusioni del Fondo monetario internazionale che invita a prendere «azioni decisive» a sostegno delle istituzioni finanziarie in difficoltà.
La riunione straordinaria del G20 era stata sollecitata dal segretario al Tesoro Usa, Henry Paulson, in modo da coinvolgere le economie emergenti nell’affrontare la crisi dei mercati finanziari. Fino a un paio di mesi fa, in effetti, i mercati finanziari emergenti erano stati toccati solo marginalmente dalla crisi, ma dalla fine dell’estate gli effetti sono diventati sensibili anche al di fuori dell’area G7. Fino a quel momento, il loro problema numero uno era l’inflazione, che adesso si va ridimensionando grazie al calo dei prezzi petroliferi. Adesso potrebbero adottare politiche espansive, che aiuterebbero la crescita economica mondiale, compresa quella - a grave rischio - dei Paesi del G7.
«I Paesi emergenti hanno fatto passi da gigante - ha detto il segretario al Tesoro Usa, Paulson - ma non saranno immuni dalla crisi». Negli ultimi 40 giorni, la moneta brasiliana, il real, ha perso il 45% del suo valore. La nascita stessa del G20 origina da una crisi, quella asiatica del 1999.

Allora il Gruppo nacque dall’esigenza di aiutare i Paesi emergenti a condurre politiche economiche appropriate, per evitare altre tempeste. Adesso, dieci anni dopo, sono i Paesi emergenti a poter dire che il G7 non ha tenuto ordine in casa propria.

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