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Bush: «I ritardi per Katrina sono colpa mia»

Roberto Fabbri

E alla fine il presidente pronunciò il mea culpa. L’uragano Katrina, ha detto ieri George W. Bush ai giornalisti durante una conferenza stampa alla quale partecipava il collega iracheno Jalal Talabani, «ha messo in evidenza seri problemi rispetto alla nostra capacità di fronteggiare le emergenze a ogni livello di governo, e per quanto riguarda le inefficienze dimostrate dal governo federale me ne assumo la responsabilità».
I sondaggi d’opinione sottolineano impietosamente il crollo della popolarità del presidente a seguito della cattiva gestione del disastro che ha colpito New Orleans e la costa del Golfo lo scorso 29 agosto, provocando centinaia di vittime e un milione di senzatetto. Bush cerca ora di mostrarsi determinato a fare chiarezza sulle lungaggini che hanno causato tanta sofferenza ai cittadini colpiti dall’uragano e disorientato l’opinione pubblica. «Voglio sapere cosa ha funzionato e cosa no - ha detto il presidente -. Voglio sapere in che modo è possibile migliorare la cooperazione con gli Stati e le amministrazioni locali, in modo da riuscire a rispondere alla domanda che tutti si pongono: siamo in grado di gestire un attacco di grandi dimensioni o un’altra pericolosa tempesta?».
Nel corso della conferenza stampa, Bush ha ribadito davanti a Talabani che le forze armate degli Stati Uniti resteranno in Irak. «I nemici della libertà dell'Irak, capaci di atti di sconcertante brutalità, saranno sconfitti», ha detto il presidente americano. Parole evidentemente apprezzate dal collega iracheno, che però non è stato un esempio di chiarezza a proposito dei tempi di un futuro ritiro degli americani dal suo Paese: «Non c'è un calendario», si è affrettato a dire. Parlare di calendari «aiuterebbe i terroristi», fornendo loro dei punti di riferimento.
Ma queste affermazioni contraddicono quanto dichiarato dallo stesso Talabani al Washington Post: «Entro la fine dell’anno gli americani potrebbero riportare a casa 40-50mila soldati», riducendo in modo significativo la loro presenza in Irak. Il giornale della capitale Usa ha scritto che Talabani, accortosi della frittata, aveva cercato di rimangiarsi quanto detto, ma senza riuscire credibile.

Un pasticcio cui le smentite del Pentagono non hanno potuto rimediare.

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