La busta paga di Marchionne

Giulio Tremonti ha fatto due affermazioni che, a prima vista convincenti, non lo sono. Ha detto che la crisi mondiale è stata affrontata salvando le banche e che è tutto come prima. Ora per iniziativa di Angela Merkel, è stato istituito il fondo europeo di stabilità, per aiutare il debito degli Stati dell'eurozona, per altro chiedendo alle banche che lo hanno comprato, di contribuire. Tremonti sostiene una solidarietà allargata europea con gli eurobond gestiti da una agenzia, a spese degli Stati membri. I tedeschi sono contro gli eurobond, perché lo schema costerebbe troppo agli Stati aiutanti e temono che l’impiego dei fondi, da parte di una agenzia autonoma, sfuggirebbe al controllo dei contribuenti. Certo, Tremonti non vuole gli eurobond per aiutare le banche, ma al vertice dell’agenzia ci potrebbe essere chi la pensa diversamente. Tremonti ha detto che bisogna stare in guardia, perché «la crisi non è finita, sconfitto un mostro ne spunta subito un altro».
In Europa quest’anno ci sono enormi masse di debito pubblico che debbono essere collocate sui mercati e ci sono tensioni per Portogallo, Irlanda, Spagna e Grecia, in parte dovute alla debolezza delle loro finanze pubbliche, in parte a quelle dei loro sistemi bancari, i cui debiti si intrecciano con quelli pubblici e in parte ai loro deficit nella bilancia dei pagamenti. E a questo quadro preoccupante si aggiunga l’elevata quota di debito pubblico sottoscritto dagli stranieri per tapparne i buchi. Questi problemi non riguardano l'Italia, per merito di Tremonti, che ha gestito bene la crisi, per altro grazie all’appoggio determinante di Silvio Berlusconi che non gli è mancato anche quando, a causa dei suoi tagli lineari, ha creato difficoltà in settori delicati, dall'università, alla cultura, all'ambiente, che si potevano evitare, data la modestia delle somme in gioco o la possibilità del ricorso a coperture, che successivamente sono state reperite e che, dunque, erano già disponibili. Errori perdonabili, che grazie a Berlusconi e al sostegno del Pdl, sono rimasti in una sfera minore. L'Italia non ha una crisi bancaria, le famiglie sottoscrivono una parte sostanziale del debito pubblico perché risparmiano, il commercio estero sta andando bene.
L’apparizione di altri mostri, evocata da Tremonti, per noi si ridimensiona, a condizione che manteniamo la linea di rigore nei conti pubblici. Ma il rigore non basta. Per valutare il rapporto tra debito pubblico e Pil si deve tenere conto anche della crescita del Pil. Il nostro prodotto cresce troppo poco. Ciò rende difficile la discesa del rapporto debito/Pil. Dunque, accanto al rigore bisogna avere una riduzione delle imposte orientata alla produttività e una riselezione della spesa, volta all’investimento, per tonificare la crescita. In Italia ci sono 140 miliardi di esoneri fiscali pari al 32% delle entrate tributarie.

L'agevolazione attuale per i salari di produttività comporta un minor gettito di 250 milioni. C’è molto da fare per orientare la spesa e le imposte alla produttività. Ma non con mega commissioni di studio, bensì con soluzioni concrete.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica