Pannella dice che Veltroni non è un uomo di parola perché gli aveva garantito nove posti sicuri e invece di posti sicuri ce ne sarebbero solo sei o sette: in segno di protesta, ha cominciato uno sciopero della sete.
Per Veltroni - «ma anche» per tutti gli italiani che non hanno la memoria corta - sarebbe fin troppo facile (pure un po macabro, però) rispondergli che il primo a non mantenere la parola è proprio Pannella, il quale nel corso della sua lunga carriera di scioperi della sete ne ha cominciati circa mezzo migliaio, minacciando sempre di lasciarsi morire se non fossero state accolte le sue richieste-pretese. E invece è ancora qui (e meno male, che è ancora qui).
Sarebbe fin troppo facile, insomma, ricordare a Pannella che ormai ai suoi scioperi non crede più nessuno. È altro, che va ricordato a Pannella. È la differenza siderale tra i grandi ideali che in passato ispiravano le sue proteste e gli interessi terra-terra che ora lo spingono a far finta di immolarsi. Una volta Pannella digiunava contro la pena di morte, contro i signori della guerra, contro la fame nel mondo, per la libertà di espressione, per i diritti civili. Adesso, per nove cadreghe sicure alla Camera e al Senato. Veltroni ieri gli ha ricordato la penosa involuzione con parole educate ma tuttaltro che buoniste: «Lo sciopero della sete è meglio farlo per grandi battaglie etiche, non per questioni legate alle liste elettorali».
Ma, come un mastelliano qualsiasi, Pannella non si rassegna a restare tagliato fuori. Non ha i voti sufficienti per correre da solo? E allora cerca posti fissi come quelli degli impiegati delle Poste, e di volta in volta bussa a tutte le porte, destra e sinistra: chi offre di più? A differenza del mastelliano qualsiasi, però, ammanta la sua lotta di nobili principi, rivendica per sé e la sua truppa la patente esclusiva di probità: «Noi abbiamo sufficiente rigore, onestà (noi onestà) come sanno tutti e quindi con rigore faremo la battaglia che abbiamo sempre fatto per difendere lonestà, per difendere la trasparenza e anche difendere la povertà che abbiamo sempre praticato contro larroganza e le tentazioni di arroganza dei troppo ricchi e dei padroni», ha detto ieri incespicando sulla sintassi ma restando ben ritto nella sua figura di fariseo che, nel tempio, ringrazia il suo dio per essere senza peccato.
È questa la differenza che resta ormai tra il qualsiasi mastelliano e Pannella: la rivendicazione di una purezza assoluta, la pretesa di una superiorità morale. Come tutti i grandi moralisti, è però esposto al giudizio della gente, che si può prendere per i fondelli anche più di una volta, ma non sempre. Pannella fa della non-violenza la sua bandiera ma i suoi minacciati suicidi per fame e per sete sono metodi ricattatori, e quindi violenti (lha detto anche Emma Bonino, ieri: «Si deve ricorrere alla violenza»). Pannella si straccia le vesti per la democrazia, ma vuol dettare le condizioni in un partito nel quale rappresenta unesigua minoranza. Pannella strepita contro la partitocrazia, ma in Parlamento ci vuole andare non grazie al voto dei cittadini, ma alle liste blindate compilate dalle segreterie di partito. Pannella in economia fa il liberista, ma guai se non arriva denaro pubblico per il suo gruppo e la sua radio.
Veltroni forse solo adesso capisce quale fesseria ha fatto imbarcando i radicali. Prima gli hanno chiesto soldi. Una volta incassati quelli, hanno preteso i posti. Avuti i posti, ne hanno contestato la comodità, della serie «mi piace vincere facile». Veltroni forse solo adesso capisce quale spina sè conficcato da solo nel fianco: nella migliore delle ipotesi, avrà sempre un alleato che gli contesterà, con il ditino alzato, di essere più democratico e più onesto di lui.
Michele Brambilla
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