Cabassi, il Van Cliburn suona all’Auditorium

Piera Anna Franini

Davide Cabassi, pianista italiano. E in quanto tale, ennesimo caso di musicista poco conosciuto (a aiutato) in casa propria però vezzeggiato all’estero. E in particolare in America dove gli esiti del texano Concorso Van Cliburn, competizione fra le poche ormai capaci di assicurare un trampolino di lancio, l’hanno ben introdotto nel sistema concertistico statunitense.
A distanza di sei mesi dalla chiusura del concorso, quello di stamane all’Auditorium (ore 11.30) risulta il primo appuntamento italiano di Cabassi che eseguirà due concerti di Mozart, il K 40 e il K 413, con l’Orchestra Verdi.
Cabassi, ventinovenne, milanese, è cresciuto in Conservatorio: ci spiega che ha sempre evitato i concorsi, «salvo quelli che si fanno da bambini. Mi riesce difficile pensare a una gara in arte, e poi non mi ritengo un pianista da concorso. Certo, mi è andata bene nel Texas e già avverto il beneficio della vittoria. Ma sarà l’ultimo concorso cui partecipo» assicura Cabassi, finalista assieme a un altro italiano: Roberto Plano.
Più precisamente, quali sono gli effetti del premio Van Cliburn?
«Anzitutto un concerto, in gennaio, alla Carnegie Hall di New York, che è una vetrina speciale, so che il recital sarà seguito da una serie di agenti, quindi dita incrociate». Recital di spicco, questo alla Carnegie, all’interno di una serie di tournée che riempiono l’agenda di Cabassi per i prossimi tre anni. Il che provoca un’euforia moderata dalla consapevolezza del buio oltre la siepe italiano.
Cabassi, che ringrazia la città per la solidità degli studi in Conservatorio ma si rattrista quando pensa alla scarsa attenzione prestata dalle istituzioni, sente di essere particolarmente grato a un mentore quale il direttore d’orchestra Gustav Kuhn, «mi ha aiutato moltissimo, ha voluto che facessi un’audizione per la Bmg e ora uscirà un cd con musiche di Stravinskij, Bartók. Ha promosso, poi, una serie di concerti in giro per l’Europa».
Fra le tappe importanti del percorso di Cabassi, gli anni spesi alla Accademia Internazionale di musica di Como nelle classi di Karl Ulrich Schnabel (per il quale nutre una particolare devozione), Dmitri Bashkirov e Leon Fleisher. Non solo concerti per Cabassi alla ricerca «di una situazione di insegnamento, ho studiato con grandi didatti, ho ricevuto così tanto che vorrei fare altrettanto», spiega, mentre il termine vago «situazione» allude alla difficoltà di districarsi nella giungla dei Conservatori italiani.


Non solo concerti e non solo classica per Cabassi che ammette di essere particolarmente attratto dal genere jazz e pop, «lo ascolto più delle classica, anche se non medito di dedicarmi al jazz: non credo nel pianista classico che si converte al jazz, non ci si può improvvisare jazzisti».

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