Caccia al dittatore La cattura è lontana

In mano ai ribelli per essere assicurato alla giustizia oppure ucciso, anche con un’esecuzione sommaria. È il mantra che ancora ieri rimbombava fra gli oppositori in armi del regime, ancora a caccia della preda più ghiotta: Muammar Gheddafi. Eppure il Colonnello sembra essersi dissolto nel nulla. Introvabile. Nonostante i bombardamenti della Nato e gli assalti dei ribelli seguano di pari passo le informazioni che si rincorrono sui probabili nascondigli in cui il raìs potrebbe aver trovato rifugio.
«Facciamo appello a Muammar Geddafi e ai suoi seguaci affinché si consegnino, per proteggerli e per evitare loro un’esecuzione sommaria», ha detto il capo del Consiglio nazionale di transizione (Cnt). Il leader degli insorti ha promesso «processi equi» per i dignitari del regime del colonnello libico «qualunque sia la loro posizione». Un modo per stanare gli alleati del raìs e soddisfare nel modo meno cruento la sete di giustizia dei libici dopo quarant’anni di regime.
Eppure, mentre per le strade di Tripoli si consumano le prime sanguinarie vendette - ieri i corpi di 53 persone sono stati ritrovati in un magazzino della capitale, probabilmente giustiziati a inizio settimana - del Colonnello non solo non c’è traccia ma ci sono idee molto confuse su dove possa aver riparato. Ieri l’agenzia di stampa egiziana Mena lo dava in fuga verso l’Algeria insieme alla sua famiglia, grazie agli appoggi su cui il raìs può contare nella zona di confine controllata dal clan Gheddafi. Un convoglio di sei Mercedes blindate, con a bordo probabilmente alti responsabili libici o lo stesso Muammar Gheddafi, è transitato ieri dalla Libia in Algeria. Secondo le prime notizie, le auto erano scortate da un gruppo armato di nomadi del deserto apparentemente agli ordini del raìs libico. Ma dopo poco è arrivata la secca smentita di Algeri: «Questa informazione è priva di qualsiasi fondamento e la smentiamo nella maniera più categorica» ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri.


E d’altra parte i ribelli, che pure ormai hanno il controllo della capitale e che proseguono nell’assalto a Sirte, la città d’origine del Colonnello, e hanno conquistato anche la città di Bin Jawad, hanno ammesso candidamente ieri durante una conferenza stampa a Bengasi di non aver alcuna informazione su dove siano nascosti il dittatore e i suoi figli.

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