"In Perù il caffè è cultura E la sua polvere è magica..."

Lo chef stellato: "Qualche chicco può esaltare una ricetta"

"In Perù il caffè è cultura E la sua polvere è magica..."

Non è un caso che una grande azienda del caffè come Lavazza finisca alla scoperta di un angolo sperduto del mondo. Anzi due, per la verità. Questo infatti è un percorso che riporta alle origini per raccontare l'essenza dei territori e delle persone, e il risultato è un documentario in quattro tappe che da martedì andrà in onda in seconda serata sulla Rai (A Single Origin: il gusto del viaggio) per sapere tutto sulle due nuove linee di prodotti per la moka che si chiamano Cereja Passita e Selva Alta. Due arabiche certificate «Rainforest Alliance» che arrivano dall'altopiano brasiliano del Cerrado (il primo) e dalla cordigliera della Ande in Perù. Un viaggio, appunto, che parte parte da una tazzina di caffè gustata a Torino - dalla storica drogheria di via San Tommaso 10 dove nacque Lavazza nel 1895 - e arriva laggiù. Con immagini straordinarie e un esploratore, Alex Bellini, a raccontare zaino in spalla la magia di paesaggi lontani e aromi esotici.

Da uno dei due Paesi - il Perù - arriva lo chef Virgilio Martinez, che di Lavazza è il Brand Ambassador ma soprattutto è cuoco stellato del «Restaurante Central» di Lima. Capace di entrare più volte ai primi posti nelle classifiche dei migliori locali del mondo. Trentanove anni e una passione costruita in riva al mare, Martinez si definisce cuoco, attento appunto alle origini delle materie che arrivano in cucina.

Insomma, non proprio uno che come quelli che vanno di moda qui da noi...

«Sì lo so che da voi gli chef vanno molto di moda, son diventati dei divi: si sicuro in Perù non siamo a questi livelli di protagonismo mediatico. Ma in ogni caso siamo considerati importanti, anche se sicuramente meno famosi».

In che senso?

«Abbiamo una missione sociale, ed io sono molto felice di lavorare per questo. La cosa più importante per me è saper valorizzare i prodotti della mia terra, e questo mi ha cambiato la vita. Si, in Perù siamo importanti e a volte io finisco pure sui giornali. Ma se vado in giro per strada non mi riconosce nessuno».

Cosa può insegnare un peruviano sul caffè a noi italiani?

«So che avete una grande cultura del caffè, ma per me essere qui, a Copenaghen o a New York fa lo stesso: quel che conta è far conoscere la cultura e i prodotti del mio Paese. Su questo voi italiani avete qualcosa da imparare».

Cosa, ad esempio?

«Qui intorno vedo tanti bar e molte persone con una tazzina in mano. Ma quante di quelle riflettono su cosa c'è dietro quella tazzina? Ecco: noi peruviani siamo meno tecnologici di voi, ma sappiamo forse gustare meglio le nostre radici».

Sembra quasi strano che un'azienda così grande come Lavazza investa in territori così piccoli.

«Non c'è contraddizione: è business certo, ma anche una visione solidale del mondo. È bello trovare qualcuno che creda nel lavoro dei piccoli produttori: è una valorizzazione del lavoro di chi è indispensabile custode della qualità».

Come nasce Virgilio Martinez come chef?

«Quando avevo 13 anni vivevo al mare e stavo spesso con i pescatori: alla fine della loro giornata si finiva sempre a cucinare insieme. Lì è nata la passione, anche se non immaginavo che per cucinare si dovesse anche studiare. L'ho scoperto a 18 anni, quando mi sono iscritto alla scuola professionale».

Lei crea molto col caffè...

«Sì, perché la visione di noi peruviani è che il caffè non è solo un espresso, ma una pianta che utilizziamo a 360 gradi anche per cucinare».

Ovvero?

«Bisogna sempre pensare come nascono i prodotti, dove crescono, qual è l'ecosistema del mondo vegetale. Io dico sempre: ciò che cresce assieme dovrebbe essere cucinato assieme».

Quindi ci dia una ricetta...

«Volentieri: provate a condire le verdure con una polvere fatta tritando i chicchi. Oppure a marinare gli asparagi con un brodo fatto con il caffè. Sentirete che delizia...»

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