
Stop alle forzature woke. La Premier League ha annunciato che non parteciperà più alla campagna Rainbow Laces: dopo otto anni è stata interrotta la collaborazione con l’organizzazione Stonewall. Una svolta significativa, che non metterà da parte le iniziative Lgbt ma desinata a scrivere la parola fine a iniziative divisive come l’obbligo di indossare fasce da capitano arcobaleno.
Secondo quanto riportato dal Telegraph, la Premier League prevede di lanciare una propria campagna di inclusione in concomitanza con il mese dell’orgoglio Lgbt. La discriminazione non sarà tollerata, l’indicazione dei vertici del campionato. Ma una novità c’è: i capitani non dovranno più indossare le fasce Lgbt. Stesso discorso per i lacci delle scarpe multicolore. E non si tratta di un dettaglio di poco conto, considerando che negli ultimi anni si sono moltiplicate le polemiche.
Due casi su tutti. Quello del capitano dell’Ipswich Town Sam Morsy, musulmano, che ha deciso di non vestire la fascia per le sue “convinzioni religiose. E quello di Marc Guehi del Crystal Palace, che sulla fascia ha scritto “Io amo Gesù”. Senza dimenticare quanto deciso dal Manchester United, che ha accantonato il progetto di indossare una giacca a sostegno della comunità omosessuale perché un suo giocatore di fede islamica – Mazraoui – si era rifiutato di vestirla.
La rottura con Stonewall ha acceso il dibattito in rete, ma per molti è un’operazione di buonsenso. Per troppo tempo, infatti, la Premier League è stata costretta a inginocchiarsi alle istanze dell’organizzazione arcobaleno. Quando la FA e Stonewall hanno stretto una partnership formale nel 2018, lo Stonewall FC, un club Lgbt che milita nella modesta Divisione 1 del Middlesex, è stato invitato a giocare a Wembley. Da lì, lo status di "Campione della Diversità" di Stonewall ha garantito la sua incondizionata adesione a ogni aspetto del vangelo DEI, tanto che solo nove mesi fa si è sentito a suo agio nel pubblicare un video sermoneggiante sul presunto potere dei lacci arcobaleno.
Non è finita qui. È stato infatti stabilito di limitare l’inginocchiamento in onore del Black Lives Matter a sole due partite a stagione.
Un altro gesto plateale caro alla religione woke. Anche in questo caso si tratta di una scelta piuttosto forte se si pensa che la scritta “Black Lives Matter” è arrivata a sostituire i nomi dei giocatori sul retro delle maglie.