Cambio di mezzibusti al Tg1. E subito processano Minzolini

Il direttore: "Via dal video conduttori che lavorano da 28 anni, spazio a giovani e volti nuovi". Sindacati e Idv insorgono: "Un’epurazione, intervenga Garimberti"

Cambio di mezzibusti al Tg1. E subito processano Minzolini

Escono facce famose, entrano volti nuovi, ma il cambio è corredato da scontri e polemiche, roba di casa al Tg1, storica arena di dispute feroci tra primedonne, direttori e comitati di redazione armati fino ai denti. Succede ogni volta, stavolta succede con Augusto Minzolini, direttore decisionista del primo telegiornale Rai, che ha disposto un turn over alla conduzione del Tg1, ovvero nel posto più ambito dai mezzibusti e dove, dall’epoca del prodiano Albino Longhi in poi, vige la regola aurea del 3+2: cioè tre conduttori vicini alla maggioranza e due in quota opposizione.

Ma che è successo stavolta? Minzolini ha comunicato alla sua redazione che dalla prossima settimana i «vecchi» Tiziana Ferrario (conduttrice dall’epoca di Breznev), Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso usciranno dalla conduzione, e che al loro posto, nelle varie edizioni, arriveranno in video altri giornalisti.

Un normale avvicendamento tra conduttori in video da secoli e colleghi da promuovere? Nemmeno per sogno, secondo il Cdr e il duo di centrosinistra del Cda Rai, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten, che hanno gridato all’epurazione, facendo eco agli strali della Fnsi, dell’Usigrai (l’ineffabile sindacato aziendale) e del solito Idv. «Ormai è evidente che al Tg1 è in corso una vera e propria epurazione dei giornalisti che non hanno firmato la lettera in favore del direttore (sul caso Mills, ndr) - hanno scritto i due consiglieri di amministrazione -. Chiediamo un intervento al presidente della Rai». Tempo qualche ora, e Paolo Garimberti ha scritto al direttore generlae Rai Masi chiedendo che «tutte le professionalità del Tg1 vengano valorizzate». Il direttore del Tg1 però spiega il cambio alla conduzione come una semplice scelta editoriale, coerente con il piano già presentato all’azienda e con una strategia di riposizionamento del telegiornale verso un target più ampio (più giovane e spalmato più omogeneamente anche sul Centro-Nord).

«Ma quale epurazione - si difende il direttore -, stiamo parlando di conduttori che lavorano da 28 anni, servono volti nuovi. Ho assunto 18 precari e ho la necessità di rendere evidente questo rinnovamento». Un rinnovamento, aggiunge, «che comincia già a dare i suoi frutti: dal marketing mi dicono infatti che c’è un aumento di due punti nel target di spettatori tra i 30 e i 40 anni. E poi Frajese, volto storico cui è intitolata anche una sala qui da noi, ha condotto per dieci anni, Vespa per sei... ». Quanto alla vicenda del documento di solidarietà al direttore sul titolazione del caso Mills, e sul presunto peso della «Minzo’s list» negli spostamenti redazionali, Minzolini chiude subito la questione: «Non mi interessano i rituali sui documenti pro o contro ho scelto questo mestiere con ben altri intenti».

Il comitato interno del Tg1 però non si accontenta delle spiegazioni del direttore e attacca a muso duro: «La decisione di Minzolini sulle conduzioni costituisce un clamoroso precedente e segue a stretto giro la rimozione del caporedattore centrale del Coordinamento: è la prima volta che al Tg1 si tolgono incarichi di rilievo senza che sia concordato con gli interessati. In passato, ai conduttori di edizioni principali del Tg1 cui è stato chiesto di lasciare la conduzione sono stati proposti incarichi equivalenti». Anche su questo però il direttore ha una versione diversa dal Cdr: «A Tiziana Ferrario e Paolo Di Giannantonio ho proposto la qualifica di inviato mentre Piero Damosso è caporedattore», spiega «il Minzo». Va detto che il Cdr del Tg1 è tradizionalmente molto combattivo. Quando sulla poltrona di Minzolini sedeva il prodiano Riotta, il comitato alzò le barricate per contestare la linea, troppo calibrata sulle «star» del Tg1, a danno dei redattori meno noti.

Ora lo stesso Cdr scende in campo in difesa dei mezzibusti famosi, contro i precari appena assunti da Minzolini.

In difesa del direttore, per par condicio, arriva il consigliere Rai Antonio Verro, in quota centrodestra: «L’autonomia editoriale dei direttori delle testate del servizio pubblico va tutelata da qualsiasi ingerenza di tipo politico. Gli avvicendamenti negli incarichi e nelle funzioni sono del tutto naturali nelle grandi aziende». E forse anche, si suppone, nel fortino del Tg1.

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