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Cambogia, sotto processo Duch Fu il leader dei Khmer Rossi

Il capo dei torturatori dei Khmer rossi è comparso oggi in tribunale con l’accusa di crimini contro l’umanità, nel primo caso che vede alla sbarra uno degli alti dirigenti del regime di Pol Pot, a trent’anni dalla fine della dittatura comunista

Cambogia, sotto processo Duch 
Fu il leader dei Khmer Rossi

Phnom Penh - Il capo dei torturatori dei Khmer rossi è comparso oggi in tribunale con l’accusa di crimini contro l’umanità, nel primo caso che vede alla sbarra uno degli alti dirigenti del regime di Pol Pot, a trent’anni dalla fine della dittatura comunista accusata di aver ucciso 1,7 milioni di persone in Cambogia. Kaing Guek Eav, soprannominato Duch, ex-comandante della tristemente nota prigione S-21, si è presentato, senza tradire emozioni, in una maglietta blu davanti al giudice. Centinaia di vittime delle atrocità del regime hanno fatto la fila per entrare in tribunale anche se il processo principale inizierà solo in marzo con un verdetto atteso per settembre.

I processi ai Khmer Rossi Il primo processo contro uno dei responsabili del genocidio degli anni Settanta in Cambogia si è aperto oggi a Phnom Pen. Kaing Guek Eav è considerato direttamente responsabile della morte di 15-20mila persone che sono transitate tra il 1975 ed il 1979 dalla prigione di Tuol Sleng o S-21, della quale era il direttore. Primo dirigente del partito comunista della Kampuchea, i cui membri sono conosciuti come ’khmer rossì, a sedere su un banco degli imputati. Duch è apparso a tratti sperduto e più vecchio dei suoi 66 anni. Quasi due milioni di cambogiani sono stati uccisi dai khmer rossi guidati da Pol Pot in una delle più mostruose vicende storiche del ventesimo secolo. Centinaia di sopravvissuti dei campi di sterminio dei khmer erano presenti nell’aula del tribunale per l’udienza di oggi, che è stata dedicata a questioni procedurali. Si prevede che il processo entrerà nel vivo in marzo mentre il tribunale, che è cambogiano ma è appoggiato dalle Nazioni Unite, emetterà il suo verdetto in settembre. Uno di loro, Chum Mey, ha ricordato tra le lacrime come sua moglie e i loro due figli siano stati uccisi per ordine di Duch nel campo S-21. "Vorrei chiedergli: perchè portavi la gente ad essere torturata ed uccisa all’S-21? Perchè hai torturato me e la famiglia?". "Le sue mani grondano sangue", ha aggiunto un altro sopravvissuto, Norng Chan Pal, la cui madre è stata uccisa sotto i suoi occhi. Uno degli avvocati di Duch, il francese Francois Roux, ha affermato che l’ex leader comunista si è dichiarato pentito e ha chiesto alle sue vittime di essere perdonato sostenendo di essersi limitato ad ubbidire agli ordini che gli venivano impartiti. Duch potrebbe diventare un testimone chiave contro gli altri quattro leader degli khmer rossi che il tribunale intende mettere sotto processo: l’ex luogotenente di Pol Pot conosciuto come "fratello numero due", Nuon Chea; l’ex presidente della Kampuchea Democratica, Kieu Samphan; l’ex ministro degli Esteri Ieng Sery e sua moglie. Tutti e quattro, al contrario di Duch, hanno negato di essere responsabili dei massacri.

I massacri dei comunisti I comunisti cambogiani presero il potere nel 1975, dopo il collasso dell’apparato militare americano nel vicino Vietnam e lanciarono la loro "rivoluzione" svuotando in poche ore la capitale Phonm Pen. L’intera popolazione della capitale fu mandata ai lavori forzati nelle campagne nella convinzione che così sarebbe stata abbattuta la società "borghese". La S-21 fu una prigione riservata agli khmer rossi dissidenti che venivano torturati fino a quando non confessavano i loro presunti "tradimenti", per poi essere uccisi nei killing fields predisposti dai loro carnefici. La portata del genocidio compiuto da Pol Pot e dai suoi seguaci emerse dopo l’intervento delle truppe vietnamite che nel 1979 invasero la Cambogia. Era il periodo della Guerra Fredda e, siccome il Vietnam era alleato dell’URSS, i Paesi occidentali e la Cina sostennero il governo cambogiano in esilio del quale facevano parte gli khmer rossi. Pochi mesi dopo la deposizione di Pol Pot, l’allora leader cinese Deng Xiaoping lanciò un attacco militare "punitivo" contro il Vietnam, che si scontrò contro una forte resistenza. Migliaia di persone morirono dalle due parti prima che i soldati cinesi di ritirassero dalle sacche di territorio vietnamita che avevano occupato. Difendendo oggi l’operato di Deng, la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Jiang Yu ha ricordato che "il governo della Kampuchea Democratica aveva un seggio legale alle Nazioni Unite e aveva relazioni con oltre 70 Paesi". 

Aguzzino per vocazione Nato in un villaggio nel distretto di Kampong Thom, nel centro della Cambogia, Kaing Guek Eav è stato descritto dai suoi familiari come un ragazzo solitario e studioso. Dopo essersi laureato in pedagogia sotto la guida di Son San, un professore che poi diventò uno dei dirigenti degli khmer rossi, quello che verrà poi definito "l’Eichmann cambogiano" intraprese la carriera di insegnante e nel 1967 aderì al partito comunista della Kampuchea. Passato alla clandestinità col nome di battaglia di 'Duch' fu arrestato per "attività comunista" dalla polizia dell’allora Re Norodom Sihanuk. Duch uscì di prigione grazie ad un’amnistia nel 1970, senza essere stato processato e si unì ad un gruppo di guerriglieri comunisti che operavano ai confini con la Thailandia. In quel periodo iniziò la sua carriera di carceriere gestendo le prigioni riservate ai "traditori", che raramente uscivano vivi dalle sue mani. Nel 1975, quando gli khmer rossi presero il potere a Phnom Pen fu assegnato come "numero due" a dirigere la prigione di Tuol Sleng, dove applicò scrupolosamente, secondo decine di testimoni, le tecniche di tortura perfezionate negli anni della guerriglia. Nella prigione, situata sulla "collina dei frutti velenosi", il motto era "Meglio distruggere dieci innocenti che lasciare un nemico vivo". Fuggito nel 1979 davanti all’avanzata delle truppe d’invasione vietnamite, lavorò per un anno in Cina come insegnante di lingua e poi fu tra i diretti collaboratori di Pol Pot. Nel 1995 sua moglie fu uccisa in un attentato del quale non si conoscono gli autori. Duch cambiò nome e visse nella clandestinità lavorando con una organizzazione non governativa evangelica e convertendosi al cristianesimo. Nel 1999 la sua identità fu scoperta dal fotogiornalista irlandese Nic Dunlop.

Dopo aver rilasciato un’intervista allo stesso Dunlop e a Nate Thayer della Far Eastern Economic Review, Duch si consegnò al governo di Phnom Pen. 

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