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La Camera non è il Piper essere giovani non basta

Caro Granzotto, la novità è dunque questa: Veltroni lascerà il primo posto in lista a dei trentenni, piazzandosi lui solo al secondo posto. E questo in tutto il Paese. Ma cosa è tutto questo portare su un piatto d’argento i giovani? Glielo chiede uno che il 26 aprile compirà cinquantacinque anni, età per cui non sei più giovane ma neanche vecchio. E che del largo ai giovani non ne può più, ne ha piene le scatole.


E lo dice a me, caro Bonardi? Finché si trattava di semplice andazzo giovanilistico, con un’alzata di spalle chiudevi il discorso. Ma qui si sta facendo strada la balzanissima idea del primato culturale, intellettuale, morale, civile e politico del «giovane». E non ci sto. Non ci sto perché la conseguenza, l’aristotelica deduzione, è che il «vecchio» vale una cicca: è un cialtrone, una nullità, una schiappa. Inadatto, nel particolare, a prefigurare e promuovere materialmente quel «nuovo» prospettato come la soluzione di tutti i nostri guai. In che cosa si tradurrebbe, poi, ’sto benedetto «nuovo»? Il computer è «nuovo» o «vecchio»? Non certo nuovo, datosi che io, vecchio, me ne servo da una quindicina d’anni. Però non è nemmeno «vecchio», visto che è portato a stendardo e immagine del nuovismo. O del suo fratello germano, il «cambiamento» (entrambi retaggi del Ventennio, «largo ai giovani», «cambio della guardia»: tutta roba vecchia). Sul cambiamento ci sono due cose che vorrei mi spiegassero bene: primo, perché la volontà di cambiare sarebbe più sentita dai giovani che dai vecchi; secondo, perché i primi risulterebbero migliori cambisti dei secondi. Quando si afferma che il vecchio al vecchio ci ha fatto il callo e quindi lascia più facilmente le cose come stanno, si può infatti tranquillamente rispondere che siccome il giovane ancora non ce l’ha fatto, il callo, e quindi il vecchio non gli appare così vecchio, non pensa a svecchiarlo.
E poi, cosa svecchiare? Veltroni dice il Parlamento. Magnifico, sarebbe un piacere per gli occhi vederlo affollato di teenager. Purtroppo il Parlamento non è il Piper. Tanto per volare alto, vorrei ricordare che nessuno dei padri costituenti chiamati ad elaborare la Carta costituzionale aveva da poco smesso i pantaloni corti. E non ci furono dei Veltroni pronti a sostenere che scritta dai giovani la Costituzione sarebbe venuta più «nuova». Nel caso, gli avrebbero risposto che la legge fondamentale della Repubblica era cosa troppo seria per lasciarla in mano a chi non per difetto, ma per ragioni anagrafiche non poteva pienamente contare su quella capacità di giudizio, su quel bagaglio di esperienze e di padronanza degli argomenti, su quella varietà e ricchezza di cultura che s’acquistano solo con gli anni (spesi bene). Per concludere, caro Bonardi, qui nessuno nega che ci siano giovani capaci di dare la baia a cento vecchi o che per certe cose, come correre la Maratona di New York, essere giovane risulti un vantaggio. Il fatto è che viene da un lato predicata la giovanilizzazione indeterminata, a tutto campo e senza passar gli esami; dall’altro - e qui mi sento chiamato in causa, e m’arrabbio - la svalutazione, la obsoletizzazione, se non proprio la rottamazione, di chi di anni ne ha tanti sul groppone.

Tutto ciò, per colmo d’ironia, in un Paese come il nostro, che si colloca fra i più vecchi, con il più alto numero di anziani (teniamo duro, noi). E che dunque non può essere svecchiato coi decreti legge, ma ricorrendo ad espediente vecchissimo, vecchio come il mondo. Facendo figli.

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