«Camere sciolte più tardi per lavorare di più»

Adalberto Signore

da Roma

Che tra Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli esista una certa sintonia, forse perversa ma senz’altro reciproca, appare chiaro nei dodici interminabili minuti di tempo supplementare che i due regalano a Enrico Mentana alla fine della prima parte di Matrix. Tanto, infatti, è felicemente costretto a attendere Mentana prima di riuscire a mettere a segno il secondo blocco pubblicitario della serata. Con il premier che conferma di voler rinviare di una settimana o poco più lo scioglimento delle Camere «per guadagnare qualche giorno di lavori parlamentari», il presidente della Margherita convinto che l’obiettivo sia quello di «andare in televisione qualche giorno di più» e il duetto che va avanti in una serie incessante di colpi di fioretto. «Sfido chiunque a citare un provvedimento che mi abbia favorito», lancia il guanto Berlusconi dopo che per qualche minuto buono si è discusso di conflitto d’interessi. «Io...», interrompe Rutelli. «Guarda che non metterei mai la prua in una certa posizione se non fossi convinto di andare in porto», ribatte il premier. «Ma se siamo già naufragati», chiosa il leader della Margherita con un sorriso. Ride anche Berlusconi e l’uno due va avanti: «Quando si parla di barche non deve rivolgersi a me, ma a qualcun altro». «In un Paese libero - replica Rutelli - è normale possedere auto e barche, non siamo ancora in un Paese comunista». Chiosa del premier: «Perché c’è Berlusconi». Poi, finalmente il via libera a Mentana: «Si appresti a dare la pubblcità perché io, trasparentemente, ho ancora degli interessi in questa azienda». A ottanta giorni dalle elezioni, dunque, il faccia a faccia che va in scena negli studi di «Canale 5» è forse meno burrascoso di quanto ci si potesse aspettare alla vigilia. Con i due che si rinfacciano a vicenda e senza risparmiarsi successi ed errori, ma senza mai trascendere nell’aggressione. Sarà forse merito dell’appello di Carlo Azeglio Ciampi, ma tra Rutelli e Berlusconi quasi quasi sembra esserci feeling.
Legislatura e Par condicio. Il premier dice di augurarsi che «la legislatura duri qualche giorno in più» perché ci sono «ancora delle leggi da approvare in Parlamento». E il duetto riprende. «Ma aveva annunciato lui lo scioglimento delle Camere» (per il 29 gennaio, ndr), ribatte il leader della Margherita. «Sì ma poi voi avete fatto ostruzionismo in Parlamento e ora siamo in ritardo». Sarcastico Rutelli, perché posticipando l’inizio della campagna elettorale slitterebbe anche l’entrata in vigore della par condicio: «Guarda che non è che puoi andare a Unomattina, Duemattina, Tremattina, Quattromattina...». «Magari...», chiosa il premier mentre l’immagine sfuma per la pausa pubblicitaria. «La par condicio - dirà più tardi - io preferisco chiamarla “Marx condicio” o “impar condicio”, visto che è una legge assolutamente illiberale».
Ciampi e l’inappellabilità. «Sacrosanto», invece, è il provvedimento sull’inappellabilità rinviato ieri alle Camere dal capo dello Stato. «Se un cittadino è assolto», spiega Berlusconi, «è giusto che la sua assoluzione sia resa definitiva». Comunque, aggiunge, «ci impegniamo a modificarla». Un motivo in più, quindi, per rinviare alla prima settimana di febbraio la fine della legislatura.
Consorte, Abete e Rcs. Si torna sul caso Unipol e il premier riconosce a Rutelli il merito di aver «preso le distanze fin dall’inizio». Con una coda polemica: «Non voglio essere così birichino da dire che era perché lui stava con Abete e Della Valle, della cordata opposta...». Rutelli la butta sull’ironia: «Sta parlando di Abete, della Quercia e dei cespugli...». Ma Berlusconi questa volta non lo segue e si fa serio: «Abete era il presidente di Bnl e contrastava Unipol, non era certo uno dei cespugli». Si passa alla scalata della Rcs che per il premier «non è mai stata in piedi» perché «il Corriere della Sera è controllato da un patto di sindacato che possiede il 50% delle azioni e solo degli sprovveduti potevano credere di conquistarlo».
Unipol e Servizi. Il premier, poi, definisce «fantasie assurde» le critiche dell’Unione su un eventuale utilizzo dei Servizi nel caso Unipol. «I rapporti tra coop rosse e sinistra - dice - erano un bubbone che prima o poi sarebbe stato giusto fare scoppiare». «Le informazioni - ribadisce - le ho avute da una persona molto seria e autorevole che è il signor Tarak Ben Ammar». «Un tuo socio d’affari», replica polemico Rutelli.
Ds e comunisti. «Ma dove pensa di arrivare Rutelli?», attacca Berlusconi. La Margherita, dice, sarà «schiacciata dai Ds che sono una vera armata, una armata rossa...». «Qualche amico comunista», replica il leader dell’Unione riferendosi a Vladimir Putin, «ce l’hai anche tu». «Lei - aggiunge - parla solo di una minaccia di totalitarismo che non c’è, noi non potremo mai stare dalla stessa parte».
Fregoli e Di Pietro. Lo scambio serrato va avanti senza sosta. Con Berlusconi che, nell’ordine, definisce Rutelli «trasformista», un «Fregoli della politica», «bello ma incompiuto», «il migliore dei peggiori». «Hai chiesto a Di Pietro di fare il ministro e dai del trasformista a me», replica il presidente della Margherita. «Non poteva fare nemmeno il magistrato - va giù duro il premier - perché ho l’intima convinzione che non si sia neanche laureato regolarmente. E poi con quella sintassi e con quei congiuntivi non posso certo andare d’accordo con lui». E tra una battuta e l’altra, si va pure a disquisire su chi dei presenti - Mentana compreso - guadagna di più. «Io - rivela Berlusconi - destino il mio stipendio di Palazzo Chigi alla beneficenza».
Errori e condoni. Sollecitato da Rutelli, il premier ammette che sì, qualche errore è stato fatto perché «non sempre si può fare tutto al meglio».

«Il vero disastro del governo riguarda l’economia», replica il leader della Margherita che accusa il governo di aver «dissestato i conti pubblici, tolto credibilità all’Italia e incoraggiato l’evasione fiscale». Chiosa Berlusconi: «Le entrate sono aumentate del 3%, segno che la lotta all’evasione va bene». Eppoi, «del condono hanno approfittato in molti, dalla signora Prodi in poi».

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