Londra«Il multiculturalismo di Stato ha fallito». Una tesi ormai piuttosto condivisa, ma che solleva ancora un certo scalpore se a dirla è David Cameron, primo ministro di quella che viene indicata come la culla della tolleranza e della multietnicità. Nella conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco il premier conservatore britannico ha preso una posizione netta sul ruolo che il governo deve avere per combattere le cause del terrorismo.
«Il nostro Paese ha bisogno di unidentità nazionale più forte - ha dichiarato - per evitare che sempre più persone trovino rifugio nellestremismo. E dobbiamo mettere da parte la tolleranza passiva degli ultimi anni e mettere in atto un liberalismo muscolare, molto più attivo». Nulla a che fare insomma, con quella dottrina di Stato multiculturalista tanto cara ai laburisti dove differenti culture sono state semplicemente incoraggiate a vivere vite separate. «Un Paese veramente liberale - ha spiegato ancora Cameron - crede in certi valori e li promuove attivamente. Libertà di parola. Democrazia. Il primato della legge. Eguali diritti, senza distinzioni di razza o sesso. In un Paese così va detto ai cittadini: questi sono i valori che ci definiscono come società. Appartenere a questa società significa credere in questi principi».
Secondo il primo ministro fino ad ora lo Stato non è riuscito a trasmettere una visione completa della società a coloro che invece necessitano di un forte senso di appartenenza. «Abbiamo sempre tollerato il diffondersi di comunità chiuse - ha sottolineato - con comportamenti assolutamente ostili ai nostri valori. Invece la costruzione di una forte identità locale e nazionale è la chiave per il raggiungimento della vera integrazione. Quella che fa dire ad una persona «sono un cristiano, induista o musulmano, ma allo stesso tempo sono anche un londinese». Sui rischi e le cause del terrorismo il Premier ha chiarito che «Islam e estremismo islamico non sono la stessa cosa», ma ha affermato che il governo dovrebbe prendere le distanze da quelle organizzazioni musulmane che godono di finanziamenti pubblici e poco o nulla fanno per combattere la radicalizzazione. «Questi gruppi vanno prima giudicati sulla base del rispetto dei diritti umani universali. Se non ci credono non dovremmo venir coinvolti nelle loro attività».
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