Camicie verdi, ronde e Borghezio: la Lega di lotta finisce in un film

Un ex militante ricorda: «Una notte Bossi ci disse di sparare ai carabinieri. Dovevamo essere pronti a finire in galera...»

Paolo Brusorio

da Milano

«Ho voluto filmare la faccia di chi ci sta vendendo la devolution» dice Claudio Lazzaro, il regista di Camicie verdi, e c’è un fondo di verità nelle sue parole: settantotto minuti di docufilm sulla Lega, dove quella di lotta toglie spazio a quella di governo che in giacca blu ministeriale rimane nell’angolo. Dove il tonitruante e allegorico Borghezio gioca a rimpiattino con i protoleghisti, quelli scesi o fatti scendere dal Carroccio dopo averlo trainato su e giù per le valli. Quando votare Lega era l’eresia per spianare il Nord a colpi di percentuali bulgare.
Camicie verdi (uscirà in dvd il 16 maggio in 40mila copie, distribuito dalla Dolmen nelle librerie e poi nelle edicole) prende il nome dall’apparato di sicurezza voluto da Umberto Bossi nel 1996, anno di proclamazione dell’indipendenza della Padania: definite «un’organizzazione paramilitare» dal procuratore capo di Verona Guido Papalia, dovranno scansare l’accusa nel prossimo ottobre. Sul banco degli imputati una quarantina di leghisti, da Bossi in giù. Sono le origini della Lega e scandiscono l’inizio del film: «Noi siamo padani e abbiamo un sogno nel cuore / bruciare il tricolore», poi Bossi e Berlusconi che se la giurano dopo il ribaltone del ’94 e quel «se lo metta nel cesso il tricolore» urlato dal Senatùr alla signora veneziana. Documenti per sorridere o inorridire, flashback che illuminano il presente. Un tempo che ha la stazza di Borghezio, l’ultimo dei mohicani, quello che «niente male se qualche filo di palandrana ha preso fuoco», ma anche lo stesso che volantina nei mercati rionali e ci mette la faccia fino (anche) a perderla. Rimediando botte no global e un setto nasale da operare.
Se non ci fosse la scadenza referendaria del prossimo giugno sulla devolution, scalpo doc della battaglia leghista, Camicie verdi sarebbe un po’ fuori tempo massimo. Del folklore leghista sappiamo e le ronde di Borghezio viste una, viste tutte. Più interessante, perché inedita, la parte retroscenista del film. Intrecci. Viene evocato anche Roberto Sandalo, ex terrorista di Prima linea: ricostruisce, il fondatore delle Camicie verdi Corinto Marchini, ex di Autonomia operaia poi senatore leghista e ora con l’Italia dei valori. Quegli anni: «Bossi mi chiamò all’una e trenta di notte e mi disse di sparare ai carabinieri, dovevamo essere pronti a finire in galera». Ma non solo: «Dissero anche che avevo dato l’ordine di uccidere Borghezio, così da farne un martire da usare nelle piazze». Era un’altra cosa, la Lega di Marchini, «quella con il cuore a sinistra, diversa da quella affarista di adesso». E Borghezio che dice? L’europarlamentare è a Bruxelles, il film non l’ha ancora visto, ma immagina: «L’attentato? Erano anni di grande fermento, ci poteva stare di tutto, ma questa parte mi interessa poco. Faccio una brutta figura in Camicie verdi? Da tre anni Blob mi martella, il film non può che farmi il solletico».

Perché la cosa che inorgoglisce Borghezio è un’altra: «È la prima opera politica sulla Lega, è un riconoscimento. Come quando la carta moneta padana entrò nel museo numismatico di Londra». E allora il dvd si potrà proiettare alle feste della Lega? «Mah, ora non esageriamo, abbiamo già le nostre produzioni doc...».

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