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Campagna elettorale con i soldi tolti ai poveri: Vendola taglia i bilanci di sanità e servizi sociali

Ha portato la Puglia al collasso: disoccupazione alle stelle ed economia ferma. Ora taglia i bilanci di sanità e servizi sociali ma salva i fondi per la sua carriera politica. Budget ridotto per l'assistenza ai disabili, salva la dotazione per la promozione dell'immagine

Campagna elettorale con i soldi tolti ai poveri: 
Vendola taglia i bilanci di sanità e servizi sociali

Tagli a sanità, servizi sociali, agricoltura, politiche giovanili, ma non alla «comunicazione istituzionale». Sfondamento ripetuto del «patto di stabilità». Record nazionale per la perdita di occupazione. Rinuncia agli investimenti più produttivi e agevolazioni soltanto per quelli di «immagine» (eolico e fotovoltaico) con una demagogica politica pseudo-ambientalista. Approvazione sistematica di provvedimenti contrastanti con le normative nazionali, regolarmente annullati dalla Corte costituzionale. Questa è la Puglia dopo sei anni con Nichi Vendola alla guida. Una regione in pesantissima crisi, abbandonata dal governatore che la usa come trampolino verso la leadership nazionale della sinistra grazie a un accorto uso dei media. Non a caso, le risorse destinate al culto della personalità vendoliana, cioè comunicazione istituzionale ed effimero (come Apulia Film Commission o Teatro pubblico pugliese), sono scampate alla falcidie.

I tagli portano la data del 15 marzo scorso. In piena campagna elettorale, con giornali e tv concentrati sui comizi e molto prima della Finanziaria di Tremonti, avendo sfondato il «patto di stabilità» per la terza volta in quattro anni, il Robin Hood alla rovescia ha fatto approvare alla chetichella la delibera numero 658 (lunga ben 43 pagine del Bollettino ufficiale della regione Puglia n. 59 del 31 marzo 2010) che tagliava 283 milioni di euro dal trionfalistico bilancio pre-elettorale approvato a fine 2009. Dopo la rielezione si è aggiunta la chiusura della cassa regionale, con il rischio - tra gli altri - di dover restituire i fondi comunitari. Alle imprese creditrici e aggiudicatarie di incentivi è stata concessa una sorta di «pagherò» che consente di cedere i crediti alle banche. Ai soggetti non imprenditoriali, nemmeno quelli.

Nel settore sociale la mannaia ha colpito ovunque. Decimato il fondo a sostegno dei non autosufficienti e nuclei familiari appena istituito. Azzerati i fondi per l’occupazione dei disabili (meno 2,5 milioni di euro) e il sostegno ai dislessici (meno 150mila euro). Cancellati gli stanziamenti ai Comuni per gli affitti (meno 26 milioni). Ridotti i contributi per i libri di testo, gli asili, l’università della terza età. Falcidiati il Fondo globale per i servizi socio assistenzali (meno 9,8 milioni), il cofinanziamento del piano socio assistenziale (meno 32 milioni), i programmi per la non autosufficienza e le nuove povertà (meno 13 milioni) e l’integrazione scolastica dei disabili, l’assistenza domiciliare. Azzerati i capitoli di bilancio relativi alle attività sportive giovanili e promozionali e gli interventi per l’impiantistica sportiva.
Vendola ha usato la mano pesante anche sull’agricoltura: le riduzioni hanno toccato i consorzi di bonifica (tagliati 8 milioni), il programma di sviluppo rurale (meno 6 milioni), le emergenze fitosanitarie, gli agrumeti infetti dal virus Ctv, il piano di difesa delle colture, i controlli sul bestiame, la valorizzazione dei prodotti tipici, la gestione faunistico-ambientale, il marketing agricolo.

Il piano di rientro sanitario prevede di mantenere 19 ospedali con 2.200 posti-letto, l’inasprimento dei ticket, il blocco del turn-over per medici e infermieri, il massacro della sanità privata. Se il governo non avesse accettato il piano di rientro sbloccando 500 milioni di euro, Vendola non avrebbe potuto pagare gli stipendi al personale sanitario. Tuttavia, mentre tagliava la sanità, l’uomo nuovo della sinistra italiana trasferiva ope legis 8mila dipendenti di cooperative private a società della regione con cui sotto elezioni aveva concordato una gigantesca operazione clientelar-elettorale.

La Puglia di Vendola detiene il record nazionale di perdita di occupazione negli ultimi due anni, cioè con l’entrata a regime delle politiche anti-industriali. Secondo Bankitalia, ha perso il 3,6 per cento di posti di lavoro rispetto a una media nazionale dell’1,6). A fronte di questo disastro sociale, Vendola attua uno scientifico respingimento non dei clandestini, ma degli investimenti: l’ultima grande azienda impiantatasi in Puglia è stata l’Alenia a Grottaglie, frutto della battaglia di Fitto contro Bassolino. No alle centrali, ai rigassificatori, ai termovalorizzatori; ostacoli all’Ilva, che occupa (compreso l’indotto) 20mila persone e rappresenta il 75 per cento del pil di Taranto.
I 14 parchi naturali istituiti di fatto hanno confiscato mezza Puglia: privati dell’intervento dell’uomo, questi intoccabili santuari di un falso ambientalismo sono abbandonati e degradati. E intanto il paesaggio agricolo viene devastato dal far west di pannelli fotovoltaici e pale eoliche, che coprono appena qualche «zero virgola» del fabbisogno energetico, mentre il «piano-casa» governativo è stato svuotato da una legge regionale farcita di vincoli e divieti.

L’ultimo fronte del disastro vendoliano è l’impressionante sequela di leggi regionali annullate dalla Corte costituzionale su temi forti di propaganda, come il nucleare, l’acqua, le assunzioni in sanità, le energie alternative.

Vendola ha addirittura costituito in giudizio la Regione davanti alla Corte in appoggio al ricorso di otto suoi candidati non eletti. Un’istituzione che dovrebbe essere neutrale scende invece in campo per fare eleggere uomini del governatore scavalcando una legge elettorale già largamente criticata per essere «troppo maggioritaria».

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