Chiamatela associazione di idee. In classe si parla di impero romano e spunta lui, Silvio l’imperatore. La classe si riunisce a teatro per la presentazione di un libro sulla mafia e il passo per parlare di Berlusconi è veloce come un salto, triplo e carpiato magari, ma efficace. Reggio Emilia, comune di Castelnovo ne’ Monti. La preside dell’istituto di Istruzione superiore Cattaneo Dall’Aglio si chiama Paola Bacci ed è una tesserata del Pd, membro del comitato direttivo della sezione cittadina. Sua sorella Rosanna è stata sindaco comunista di Ligonchio, il paese di Iva Zanicchi. Non è la prima volta che fa parlar di sé, Bacci Paola. Già nell’ottobre scorso, la sua scuola finì nel mirino del Pdl per quelle lezioni che il professore di lettere trasformava in comizi. Lei fece spallucce, continuando a cercare la spallata.
Fino a venerdì scorso. Libera uscita per una quindicina di classi, reclutate per partecipare a uno spazio culturale. Tutti a teatro, c’è Antonio Roccuzzo che presenta il suo libro, si intitola «l’Italia a pezzi» e accosta Catania e Reggio Emilia mettendo in guardia dalla «sicilianizzazione del nord», e cioè dal diffondersi, qui pure, della mentalità paramafiosa del Sud. Roccuzzo, caporedattore del Tg La7, il suo libro l’ha già presentato qua e là. Fra una tappa a radio radicale e una al monastero dei Benedettini di Catania, è stato anche alla Feltrinelli di Palermo, dove fra gli ospiti d’onore della serata c’era il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, il magistrato che presenzia alle manifestazioni dei giustizialisti Di Pietro e Travaglio. A Milano invece è stato invitato dall’associazione Libera, relatori con lui, fra gli altri, il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro e il giornalista di Annozero Sandro Ruotolo, non esattamente amici del centrodestra, per usare un eufemismo. La tappa reggiana, non fa una piega, è stata con gli studenti. Sul palco, Roccuzzo viene intervistato dai ragazzi che fanno il giornalino della scuola. Il racket, le organizzazioni criminali, il loro dilagare nel Paese. Di risposta in risposta fino ai concetti chiave. La mafia si annida ormai anche nel ventre pasciuto dell’Emilia, annota il giornalista, che poi avverte: se in tempi di recessione in Sicilia si riaccende l’autonomismo, la roccaforte della sinistra italiana cede alle lusinghe della Lega. Dal Senatùr al premier è un attimo. «Ognuno è libero di votare chi vuole», concede. E però: «La Lega non mi piace e Berlusconi nemmeno», non fosse altro che il premier «concentra nelle sue mani l’80 per cento del potere in Italia». In platea gli studenti si danno di gomito, «questo è di sinistra». Del resto qui «quasi tutti lo sono, non ci stupiamo più di niente» raccontano all’uscita.
Il giorno dopo in classe la solfa ricomincia. Ci pensa il solito prof di lettere, quello che la storia la insegna rapportandola sempre all’attualità, e l’attualità la racconta sempre da suo punto di vista. Del resto lo spiega lui stesso, a chi gli suggerisce di non fare politica in classe: «Non sono qui per fare propaganda e le vostre idee ormai sono formate», ecco, beati questi adolescenti che già sanno con chi stare. Però: «È normale che dalle parole di ognuno emerga qual è il suo pensiero». È normale e qui è proprio facile, visto che il prof insiste sull’anomalia di un premier che controlla Mediaset e pure la Rai, e poi, tanto per stare al tema dell’incontro a teatro, non sarà mafioso, «non ci sono le prove», ma qualche sospetto lo suscita, se ad Arcore il suo stalliere si chiamava Vittorio Mangano, lui sì condannato per mafia.
«È stato oltrepassato il limite - scrive in una nota il consigliere regionale e capolista del Pdl a Reggio Emilia Fabio Filippi -. In quella scuola un paio d’anni fa un sedicenne venne addirittura aggredito e insultato perché dichiaratamente non di sinistra, senza che la preside sprecasse una sola parola di solidarietà. Poi vennero la propaganda anti-Moratti e anti-Gelmini.
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