Cara Bea,
con i tuoi cinque anni pieni di vita, passare tutta una giornata con te mi riduce uno straccio. E finisco sempre per occuparmi di mille cose tranne di quello che mi sembra più importante: raccontarti chi sono e l'amore esagerato che metto in quello che faccio.
«Cosa dici, ci andiamo a Montegibbio?» La prima volta che ti ho proposto una gita in campagna, dopo l'asilo, hai smesso di canticchiare Fatti avanti amore che suonava nello stereo (vuoi sempre sentire il papà che canta…) e nello specchietto retrovisore ho visto che sgranavi gli occhi. Sono verdi, piantati in una faccina rotonda e simpatica, che dal naso in su è disegnata proprio come la mia. Ho delle foto di quando ero piccolo, in alcune ci assomigliamo davvero tanto, ma non così tanto come nel carattere.
«Siamo fatti per amare, nonostante noi». Vorrei spiegarti queste parole che canti a squarciagola senza ancora capirne il senso, vorrei che fossero per te il mio insegnamento più grande. Le ho scritte pensando che l'uomo è fatto per amare, che la sua natura è aspirare a qualcosa di superiore. Questo nonostante noi, ovvero la nostra corruttibilità, la nostra fragilità, la nostra incapacità di comprendere quando siamo pronti per l'amore. Sei una bambina vivacissima e starti dietro è impegnativo. Ogni volta che passiamo un pomeriggio in campagna te lo dico: «Bea, non ce la faccio più, sono a pezzi!». Ma tu nemmeno mi ascolti. Come il sottoscritto vai sempre di corsa: ti svegli presto la mattina e ti presenti da me e la mamma, non ti interessa fare le coccole nel letto, hai subito qualche richiesta. Anche quando mangi, devo riprenderti: «Vai piano, che poi ti viene male alla pancia!». Parole al vento, spesso e volentieri.
Io vorrei però che le mie parole rimanessero, che tu le ascoltassi e ne facessi tesoro, perché potrebbero servirti un giorno come sono state utili a me quelle di nonno Cesare. Quando sono via per lavoro, mi manchi. Guardo la televisione e facendo zapping trovo Peppa Pig, Shaun the Sheep e tutti i cartoni animati che guardiamo insieme e… vorrei averti vicino a me sul divano. Allora comincio a riflettere sul mio ruolo di padre. Vorrei dirti che, come tutti gli altri, sono impacciato e ho i miei limiti. Con te sbaglio ogni volta che non riesco a dirti di no. Sbaglio quando alzo la voce, ma sono un istintivo e mi viene così, talmente tanta è la voglia di rendere incisive le mie parole. Se succede con te, il più delle volte, è perché mi scappa la pazienza e allora deve intervenire la mamma a riportare la tranquillità.
Poi ti vizio, non so dirti di no, o peggio: ti dico di sì quando la mamma ti ha già detto di no. Ma in questo sono in buona compagnia, anche a lei ogni tanto capita di toppare. Forse è uno degli errori più frequenti che facciamo, ma non siamo perfetti e non abbiamo neppure l'ambizione di esserlo. Siamo come tutti gli altri. Questa è una delle tante cose che vorrei capissi bene: sebbene abbia quello che si chiama “successo”, non sono meglio degli altri a fare il papà. Mi piacerebbe raccontarti mille cose, per esempio di come sono diventato papà con tua sorella Martina che non è mia figlia, ma è come se lo fosse. È entrata nella mia vita insieme alla mamma che l'ha avuta da una precedente storia. È stato strano, a venticinque anni, avere a che fare con una bambina piccola, ma almeno Martina, diversamente da te, era un angelo (non offenderti, però quanto a carattere siete davvero come la Luna e il Sole).
Vorrei raccontarti tutto l'amore che ancora, dopo diciotto anni, provo per la tua mamma. Non pensare che ogni cosa sia identica al primo giorno. Le cose cambiano, e come in tutti rapporti lunghi, capita anche di allontanarsi, di avere alti e bassi. Ma noi non abbiamo mollato, e siamo ancora qui, più affiatati che mai. Vorrei parlarti dell'amore che metto in quello che faccio, come la musica, che mi ha regalato tantissimo e continua a darmi soddisfazioni infinite. Con la mia voce, la mia chitarra e il mio basso ho fatto grandi cose, e ho anche girato il mondo. Vorrei raccontarti di quanto amo la mia terra, l'Emilia e Sassuolo, una piccola cittadina che riesce però a tenermi saldamente legato a lei. E poi vorrei spiegarti, anche se queste cose non rientrano tra quelle che si possono spiegare con la ragione, la fede che ho in Dio, il percorso spirituale che ho svolto con la mamma, che mi ha fatto bene e mi ha dato energia.
Ti scrivo tutto questo perché ho paura che tra dieci anni o più le mie parole non avranno la stessa forza. Poi perché, come dice la mamma, ho la memoria corta per cui temo di scordare anche quelle cose che adesso mi sembrano indimenticabili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.