Ha alle spalle una storia lunga appena un quarto di secolo. E sempre nel settore dell'alta tecnologia, passando dai robot del periodo iniziale alla specializzazione in sistemi laser per applicazioni industriali. Oggi Prima Industrie è tra le prime cinque aziende al mondo nel laser e il numero uno nelle macchine tridimensionali. Produce in Italia macchine ad alta tecnologia, compresa la parte elettronica del software; produce negli Stati Uniti un componente fondamentale come il generatore laser e macchine di nicchia; produce in Cina laser di prestazioni e costi più limitati per il mercato cinese. «Siamo una multinazionale tascabile», commenta Gianfranco Carbonato.
Un ex Pininfarina. Originario di Cusano Milanino ma vissuto sempre a Torino, mamma pugliese e papà piemontese che è stato per lunghi anni direttore amministrativo e finanziario della Pininfarina, Carbonato è il presidente e amministratore delegato della Prima Industrie, una public company presente in oltre quaranta Paesi e quotata dal 1999 alla Borsa di Milano nel segmento Star dopo avere rinunciato all'ultimo minuto ad entrare a Wall Street in quanto il listino tecnologico era andato in tilt in seguito alla crisi valutaria esplosa in quel periodo nei mercati asiatici.
Classe 1945, figlio unico, giocatore di calcio tra i giovani del Torino, Carbonato si laurea nel 1969 in ingegneria elettronica al Politecnico torinese, quindi insegna all'università preferendo poi andare a lavorare alla Dea, una società di progettazione che riunisce un gruppetto di una ventina di giovani ingegneri torinesi sotto la direzione di Franco Sartorio, uno specialista di meccatronica e metrologia. È un periodo di grande impegno. Negli anni Settanta la grande industria vive, a Torino ma anche altrove, l'epoca dell'ingresso della robotica in fabbrica. E il lavoro non manca. Così nel 1977 un gruppetto di questi ingegneri, tra cui Sartorio e Carbonato, lascia la Dea e fonda Prima Progetti. Il loro compito è di sviluppare prodotti per conto terzi. La sede è in una cascina ristrutturata nei dintorni di Moncalieri.
La macchina da cucire. Il primo lavoro, progettato proprio da Carbonato, è la macchina da cucire elettronica, già allora disegnata da Giugiaro, con la quale la Necchi cerca di rispondere ad un analogo prodotto messo sul mercato dalla sua maggiore concorrente, la Singer. Un altro lavoro piuttosto impegnativo viene effettuato per conto di un fornitore di rivestimenti plastici per l'interno delle auto Fiat. Alla fine degli anni Settanta questi rivestimenti erano realizzati a caldo e poi tagliati col coltello per assumere la forma finale. Carbonato e amici studiano a fondo il problema e in un paio di anni sviluppano per questo fornitore della Fiat la prima macchina laser che taglia in automatico. È una svolta importante dal momento che quella macchina laser elimina lavorazioni manuali che oltre a tutto creavano anche enormi problemi ambientali.
Da quel momento la società, che nel frattempo ha preso il nome di Prima Industrie, decolla. Viene aperto uno stabilimento anche alla periferia di Torino, a Collegno, viene aperta una filiale in Germania. E si occupa di un po' di tutto, dai laser per il taglio di pezzi plastici ai robot di saldatura sino a quelli utilizzati nelle cosiddette fabbriche flessibili per misurare particolari meccanici e di carrozzeria. «È uno sviluppo rapido e disordinato», ricorda Carbonato. Troppo rapido e troppo disordinato. Di fatto la società si trasforma in un agglomerato industriale senza sinergie di mercato, un gruppo «complicato» anche nella gestione. Si impone allora una scelta. E all'inizio degli anni Novanta la decisione è di cedere tutta la divisione robotica e di concentrarsi nell'industria laser. Tanto più che quello dei laser è il settore a potenziale più elevato.
Il decollo definitivo. La crescita continua ad essere veloce. Il tasso è di oltre il 20% all'anno a fronte di un mercato di riferimento che registra tassi medi di incremento del 15%. Viene acquisita la svizzera Laser Work, viene aperta una filiale a Detroit, viene triplicato il fatturato. Ed è uno sviluppo punteggiato anche da qualche pesante affanno finanziario superato nella seconda metà degli anni Novanta con l'ingresso di nuovi soci, in particolare fondi di investimento, che apportano capitali freschi.
Carbonato subentra a Sartorio nel ruolo di numero uno dell'azienda, Prima Industrie acquisisce la leadership mondiale nelle macchine tridimensionali ed entra anche nel segmento di quelle bidimensionali. E dopo l'ingresso in Borsa con un giro d'affari che tocca i cento milioni di euro, Carbonato parte nel 2000 all'attacco degli Stati Uniti. È un attacco in grande stile in quanto compra due aziende nell'arco di un anno. Inizialmente acquista un'impresa nei pressi di Boston che produce quello che è il motore dei sistemi laser e che manca a Prima Industrie e cioè il generatore; poi acquisisce un'altra società nei dintorni di Minneapolis che vanta già una leadership nellapplicazione dei laser tridimensionali nel mercato aeronautico ma anche in quelli della microelettronica e delle telecomunicazioni.
Il 2002, anno terribile. Sembrano due buoni colpi. Solo che appena tre mesi dopo la seconda acquisizione avviene l'11 settembre. E con il crollo delle Twin Towers, arriva anche una gelata nei consumi e negli investimenti che blocca in particolare il mercato americano. Spiegherà Carbonato: «Le nostre macchine laser ad alta potenza rappresentano un classico bene strumentale al servizio di nuovi investimenti. I nostri clienti nei settori automotive e aeronautico sono proprio quelli che hanno sofferto di più. Un disastro». Il 2002 è un anno terribile per Prima Industrie con l'utile sostituito dalle perdite che sono anche pesanti, circa 5 milioni di euro. E bisogna mettere mano alla ristrutturazione delle attività americane: viene chiusa la filiale di Detroit, è cambiato il management, gli stabilimenti sono accorpati nei pressi di Boston. E dopo i cinque anni di forte crescita dellultima parte degli anni Novanta, Carbonato si ritrova nel nuovo millennio con cinque anni che definisce laconicamente come «periodo piatto». Ma lo scivolone nel mercato americano non riesce a frenarlo. Anzi, proprio nel momento più brutto, il 2002, Carbonato porta la sua sfida nel Far East con l'obiettivo, dice, «di conquistare i mercati emergenti dove possiamo andare a portare innovazione a costi competitivi». E sbarca con una joint venture in Cina acquisendo a Shanghai il 30% di una società per la produzione di macchine laser di buon livello tecnologico, capace di raddoppiare il fatturato ogni anno dalla sua fondazione nel 2000 e con l'obiettivo di quotarsi alla Borsa di Shenzen. Le macchine di questa joint venture utilizzano anche i laser di Prima Industrie per il taglio e la saldatura della lamiera. Di fatto, chiarisce Carbonato, «vendiamo nostri prodotti in Cina integrandoli con alcune parti costruite localmente».
In realtà Prima Industrie si trova in Cina già dal 1999 quando a Shenyang, città gemellata con Torino e situata in Manciuria, produce con una ventina di dipendenti parte dei macchinari laser destinati sempre al mercato cinese. Spiega Carbonato: «La Cina è un mercato difficile. Ma bisogna esserci, sarà l'America del futuro».
Futuro legato allhi-tech. Sposato con Franca Gagliardi per tanti anni alle relazioni esterne della Pininfarina, una figlia di nome Giorgia che studia scienza della formazione, appassionato di barche, Carbonato ha una modesta partecipazione nel capitale della società che resta una della poche public company operative in Italia: il management ha il 15%, un altro 35% è in mano a tre azionisti finanziari, il 50% è sul mercato. Ed è ritornata all'utile e a crescere. «Il nostro futuro è sempre legato allhi-tech», dice pensando anche all'India. Hi-tech ma anche sfide finanziarie: già nel 2003 Prima Industrie ha fronteggiato un'Opa ostile (e fallita) di una cordata guidata da Chicco Gnutti e Interbanca.
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