
"Further Modifying the Reciprocal Tariff Rates" (Ulteriori modifiche alle aliquote dei dazi reciproci) è il titolo dell'ordine esecutivo - firmato da Donald Trump giovedì sera - quando in Europa era già passata la mezzanotte, con cui la Casa Bianca ha stabilito i nuovi dazi specifici per ogni partner commerciale della superpotenza nordamericana che rimpiazzano quelli annunciati lo scorso 2 aprile. Con un'altra proroga: le tariffe verranno infatti applicate a partire dall'8 agosto (tranne che per il Canada), una settimana dopo la scadenza inizialmente fissata per ieri.
Da Washington precisano che "non deve essere interpretata come un'estensione, ma come un modo per dare alle dogane e all'ufficio per la protezione delle frontiere degli Stati Uniti tutto il tempo necessario per adeguarsi". Inoltre, i nuovi dazi sulle merci spedite via nave non saranno modificati prima del 5 ottobre 2025.
La nuova ondata di misure va da un minimo dal 10% ad un massimo del 41%, contro la Siria. Nella lunga lista l'Unione europea resta con un dazio del 15%, come stabilito nell'incontro bilaterale con Ursula von der Leyen in Scozia. Per mettere a terra l'accordo verbale di Turnberry europei e americani dovranno, però, lavorare ancora parecchio. Nell'ultimo ordine esecutivo trumpiano manca l'impegno a diminuire i dazi imposti dagli Usa in base all'articolo 232 del Trade Expansion Act sulle automobili e sui componenti per automobili al 15 percento. E neppure è messo in pratica il trattamento speciale previsto per alcuni prodotti considerati strategici dalla Ue, in particolare gli aeromobili e i componenti per aeromobili. Proprio il settore auto, insieme a quello dei farmaci, è stato il motivo principale che ha spinto Bruxelles ad accettare l'intesa come ha spiegato il segretario Usa al Commercio Howard Lutnick: con dazi al 25%, le esportazioni di auto dall'Ue agli Usa verrebbero azzerate, con il risultato che la produzione, con ogni probabilità, migrerebbe massicciamente oltre Atlantico. La stessa cosa avverrebbe per i farmaci. Un numero crescente di aziende europee di moda e cosmetici - tra cui anche Moncler e Ferragamo - starebbe, intanto, valutando l'utilizzo di una clausola doganale statunitense vecchia di decenni, chiamata della "prima vendita" che consente alle aziende di pagare dazi inferiori applicando tariffe al valore di un prodotto all'uscita dalla fabbrica, molto inferiori al prezzo finale di vendita al dettaglio.
Tornando agli altri Paesi, è confermato anche il dazio per il Giappone, al 15%, e la Gran Bretagna al 10 percento. Penalizzato, invece, il Canada con un aumento dal 25% al 35%, "in risposta alla continua inazione e alle ritorsioni di Ottawa. Punita anche la Svizzera con una tariffa più alta di quella dichiarata il 2 aprile, al 39 percento. Invariati anche i dazi per l'India, al 25% e la Corea del Sud al 15 percento. Nella lista pubblicata in serata dalla Casa Bianca si precisa, inoltre, che le merci importate da ogni nazione del mondo saranno soggette a una tariffa del 10%, ad eccezione dei beni provenienti dai 92 Paesi elencati in un allegato, che sono soggetti a tariffe più elevate. Il dazio più alto riguarda i prodotti provenienti dalla Siria, che saranno tassati al 41 per cento. Il Brasile è ancora dato al 10%, ma un precedente ordine firmato da Trump ha aggiunto un ulteriore dazio del 40% su alcune merci per punire il presidente Lula, in risposta al processo all'ex presidente, Jair Bolsonaro.
Oltre alle nuove tariffe stabilite per ciascun Paese, l'ordine esecutivo di giovedì sera stabilisce anche un dazio del 40% su qualsiasi merce che la Us Customs and Border Protection determini essere stata "trasbordata" per evitare misure più elevate altrove. Ciò avviene principalmente quando merci prodotte in Cina vengono spedite in un altro Paese e riconfezionate.
L'obiettivo è mettere alle strette la Cina di Xi Jinping, anche se le norme non riguardano solo il Dragone. Il 40% va ad aggiungersi ai dazi previsti se il bene in questione fosse arrivato direttamente dal Paese in cui è stato prodotto.