Carisma e bagni di folla, l’effetto Berlusconi sul voto

Meno presenze in tv e più comizi in piazza per rilanciare il partito

da Roma

Le profezie iettatorie degli osservatori più snob risuonano fin dal giorno della fondazione di Forza Italia. Il «partito di plastica» - la creatura generata in una frenetica stagione politica da Silvio Berlusconi - si scioglierà come neve al sole nel giro di pochi anni. La carica eversiva di liberismo temperato portata dal Cavaliere, il suo credito rivoluzionario, la sua capacità di rivoluzionare il lessico politico, il suo ruolo di outsider capace di riscrivere gli schemi della Seconda Repubblica, evaporerà in una nuvola di fumo. E dentro quel braciere finirà anche la formazione che si identifica con lui.
Sono trascorsi tredici anni dall’inizio dell’avventura. Ma Forza Italia, a dispetto dei menagramo, è ancora in pista ed è oggi un partito vivo e vero, perfino in ottime condizioni di salute, come dimostra il risultato strappato alle ultime amministrative e il successo dell’ultima campagna di tesseramento. Il trascinatore, manco a dirlo è sempre lui, il «comeback kid» della politica italiana: Silvio Berlusconi. Attorno a lui si respira una tensione formidabile, un affetto moltiplicato dopo la sconfitta elettorale. Un evento, quello consumatosi il 9 e 10 aprile del 2006, che sembra avergli spalancato nuovi spazi di consenso personale, grazie anche a quella «riabilitazione di ritorno» innescatasi in seguito al confronto con la gestione di Palazzo Chigi firmata Romano Prodi. Il «fattore B», insomma, è intatto. E continua a rappresentare la scintilla primaria capace di riaccendere in ogni stagione politica il motore del partito e farlo girare a pieni giri.
«Dopo 13 anni Berlusconi raggiunge picchi di popolarità che sorprendono anche noi» dice Fabrizio Cicchitto. Antonio Palmieri, responsabile comunicazione elettorale e Internet, rincara la dose. «Tanta gente oggi riflette e dice: stavamo molto meglio quando pensavamo di stare peggio. Un anno di Prodi è servito a valorizzare cinque anni di governo più di quanto non siamo stati capaci di fare noi. C’è una quota di elettorato deluso, quella che aveva tentato con il voto alla Margherita e che ora si sta mordendo le mani, così come pezzi di establishment che avevano puntato su un cavallo rivelatosi zoppo. In molti hanno capito che l’unica possibilità di cambiare il Paese era continuare a dare fiducia a chi le riforme aveva iniziato a farle davvero».
La simpatia e l’affetto verso Berlusconi sono testimoniate dai sondaggi che regalano al numero uno azzurro un gradimento che si attesta attorno al 60% contro il 24% di Romano Prodi e a Forza Italia percentuali vicine al 30%. Una distanza abissale, un solco profondissimo che testimonia sostanzialmente il fallimento della stagione di governo unionista. Un’impennata di consensi che Palmieri spiega così: «Berlusconi, nonostante la sconfitta e i piccoli guai fisici, si spende fisicamente sul territorio come e più di prima. In questo ultimo anno è stato infinitamente di più in mezzo alla gente che non in televisione. E noi come Forza Italia siamo riusciti ad essere di supporto e assecondare al meglio questa forza comunicativa».
L’influenza positiva della presenza «live» dell’ex premier viene rimarcata anche dal responsabile Enti Locali, Mario Valducci. «Berlusconi negli ultimi due anni ha girato vorticosamente per le piazze e questo incontro, non mediato dai mezzi di comunicazione, ha fatto scattare una nuova scintilla di passione tra il popolo italiano e Berlusconi. È nella personalità del nostro leader far sentire a proprio agio coloro che incontra. È stata scoperta la parte più umana della persona, un approccio semplice che pochi altri hanno. Berlusconi, d’altra parte, è un giovare politico rispetto ad altri che sono sulla scena da 35 anni».
Il senatore azzurro Gaetano Quagliariello apre, invece, un altro fronte: quello della «Caporetto degli alleati» con il fallimento della scommessa fatta sull’esaurimento della spinta propulsiva del berlusconismo. «Oggi i può affermare che Berlusconi ha smentito il paradosso di Montanelli. Il giornalista toscano aveva detto: fatelo governare e il Paese si vaccinerà. E’ accaduto il contrario. Appena hanno governato gli altri, nella comparazione lui ne è uscito come un gigante. Il fatto che a reagire contro la sconfitta certa e a lottare come un leone sia stato solo lui è una cosa che oggi il Paese gli riconosce. Sotto questo aspetto c’è stata la Caporetto dei suoi alleati. Lo schema era: “Perdiamo e ci liberiamo di lui“. Ma il suo carisma è diventato più forte e ora per lui si apre una nuova stagione».
Quagliariello riconosce a Forza Italia un ruolo in questa rinascita berlusconiana. «Se l’effetto Berlusconi si è potuto nuovamente produrre è stato anche per l’esistenza di una consolidata base liberal-popolare che, ormai, fa riferimento non a un generico moderatismo ma a Forza Italia. Qui stiamo parlando del primo grande partito carismatico della storia d’Italia che ha stretto un tacito accordo tra la personalità del leader e la “macchina“.

Alla macchina, in un rapporto di scambio, è andato l’onere di radicarne il carisma nel Paese ben più in profondità di quanto televisioni e giornali possano fare. Questo meccanismo ha incarnato una vera rivoluzione politica. Una rivoluzione che ha finito per contaminare anche i modelli organizzativi dei partiti politicamente più distanti da Forza Italia».

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