"Carmen", alla Scala Napolitano celebra l’orgoglio di Milano

Il presidente della Repubblica assiste con i capi di Stato stranieri: «Un’opera bellissima. Il mio impegno per i fondi». Alla fine sono 11 minuti di applausi. Un’ovazione per la direzione e i cantanti, fischiata invece la discussa regista. Istituzioni, appassionati e ospiti prestigiosi per la serata più importante della città Tra le signore è gara di griffe, tanto nero e il sindaco in verde "Iene" troppo audaci e il bacio proibito fa infuriare la Marini Al Dal Verme i nonni delle piccole star: "Che emozione vedere i nipotini..."

"Carmen", alla Scala Napolitano 
celebra l’orgoglio di Milano

Alla fine la vera star del Sant’Ambrogio milanese è proprio lui. Distinto, misurato, elegante nei gesti e nei modi, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accompagnato dalla moglie Clio, raccoglie applausi già al suo arrivo nel foyer tirato a lustro. Sono passati due anni dall’altra volta, quando in cartellone non c’era Carmen, ma l’ostico «Tristan und Isolde» wagneriano. Ad accoglierlo, come sempre impeccabile padrona di casa, il sindaco Letizia Moratti che sfoggia l’ultimo pensiero del marito Gianmarco che anche quest’anno le ha regalato l’abito per la prima delle prime. Armani, velluto verde smeraldo, scollatura e maniche in organza, cappa e scialle, vista la serata freddina, sugli stessi toni. Impeccabile anche lo smoking di Napolitano con sciarpa di cachemire bianco. Che lascia nel palco reale, al secondo intervallo, quando va a salutare il maestro Daniel Barenboim e gli artisti. Un’ottima occasione, ovviamente, per il sovrintendente Stephane Lissner che gli ricorda le esigenze del mondo dello spettacolo. «Complimenti - esordisce il presidente ricordando una trasferta della Scala che ebbe anche l’imperatore come spettatore - molti di voi li ho già visti a Tokio. Ma qui siamo a casa nostra. Ci sono tanti ospiti stranieri da tutto il mondo». Come a dire che far bella figura è ancora più importante. I fondi? «Io - sorride quasi paterno - non ho né la bacchetta magica, né i cordoni della borsa. Ma vi prometto che quello che posso fare per il teatro, per la cultura e per la Scala lo farò». Altro applauso. Lui quasi si commuove. «Voi avete tante mani, io ne ho solo due». Orgoglio, dunque, per un teatro che porta Milano e l’Italia nel mondo. Per una serata che per i milanesi è tradizione. Come tradizione sono le proteste dei lavoratori, dei disoccupati. Anche se quest’anno sono più cattive. Volgari. «Parassiti, maiali», urlano lì fuori mentre gli spettatori sono costretti a sfilare sotto le forche caudine disegnate dalle transenne. E irripetibili sono gli insulti alle signore. Possibile che non si possa evitare agli spettatori un simile percorso? «Una pagliacciata - taglia corto il vicesindaco Riccardo De Corato -. Una caricatura del ’68. Almeno ai miei tempi c’era Capanna. Un’altra cosa». Contrariato anche il governatore Roberto Formigoni: «Le contestazioni? I problemi veri sono quelli della gente comune. Non questi. Certo, la situazione è difficile in tutto il mondo. Ma l’Italia e la Lombardia stanno meglio degli altri». Rapido sfila John Elkann, vice presidente della Fiat («Non ce ne occupiamo questa sera»).
Preoccupata, invece, la Moratti. Divisa tra la solidarietà ai lavoratori e la necessità di difendere la prima. «Giuste le preoccupazioni - spiega - ma questa è anche una serata di festa per i milanesi». Non frivola. «Serate così - aggiunge - servono anche a far volare l’economia. Ci sono televisioni di tutto il mondo». L’attacco della Lega all’arcivescovo Dionigi Tettamanzi? Prima la tentazione di sottrarsi. Poi risponde. «La musica e la cultura sono un ponte importante verso le altre culture». Arriva il presidente del Senegal Abdoulaye Wade. Poi, come un vecchio amico, l’ex presidente del Ghana John Kufuor un pilastro dell’Africa. Ma fuori la tensione aumenta.

«Sono gli effetti di una crisi che si sente. Mi spiace. Questo è un momento di festa, di storia della città, ma capisco chi purtroppo vive momenti di difficoltà. Capisco queste manifestazioni». E la prima va. Anche quest’anno.

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