«Caro Diego, non ci sto» «Io, invece, non ti capisco»

Cari colleghi, «neppure questa volta...». No. Proprio no caro Diego.
Questa volta, certo e non lo nascondo, vi è mancata la tempestiva solidarietà del sindacato «ligure»: non certo perché non leggiamo «il Giornale» o siamo in imbarazzo di fronte a un volantino filobrigatista di minaccia a «il Giornale», ma perché molto semplicemente (il nostro non è un sindacato di professionisti: si lavora ogni giorno e si fa sindacato volontariamente) nel momento caldo in cui c'è stata la minaccia eravamo, su fronti diversi, impegnati fuori regione per gli stati di ristrutturazione (a suo tempo seguimmo anche quello de «il Giornale», tutelando tutti i colleghi, iscritti e no, con il vostro Comitato di Redazione: non è solo un fatto di memoria corta, ma di semplice oggettività dei fatti) de l'Ansa e su un paio di altre vertenze. Non è una scusa, non sono e non siamo stati tempestivi.
Il nostro non è un sindacato unico ma unitario, cosa ben diversa e con anime diverse al suo interno: l'ampia maggioranza che lo regge attualmente ha al suo interno espressioni e culture diverse.
Se altre esperienze nate (ce ne sono almeno un paio) non hanno raccolto adesioni o sono minoritarie, se altri provano a creare altri sindacati, non raccolgono certo l'anatema della Fnsi o dell’Associazione ligure dei giornalisti, ma semplicemente le adesioni che i colleghi ritengono di dare loro.
Ma quanto espresso dall'Ordine nazionale (alla quale per legge professionale tutti siamo iscritti) per il quale tutti - credo - siamo d'accordo sia necessaria una ampia e profonda riforma (esiste un progetto, unanime, di riforma, approvato da tutto il Consiglio nazionale) per una volta questo sì, arriva prima delle prese di posizione Liguri ed è - tanto per essere chiari - condiviso nella sua sostanza solidale.
Mi spiace però dovere osservare (basta sfogliare le raccolte de «il Giornale») come la frase «neppure questa volta» sia non veritiera e lontana dalla realtà.
Sulle pagine de «il Giornale» sono comparse nel tempo prese di posizione non mie personali, ma a mia firma e condivise dal sindacato dei giornalisti, sui temi o da voi proposti o di solidarietà e difesa alla redazione di Genova de «il Giornale» o del suo capo redattore.
Anche quando uno (il sindacato e il suo segretario) poteva fare finta di nulla o fare il pesce in barile, perché assumere una posizione poteva essere non redditizio, voler dire esprimere critiche al giornale o al direttore del giornale in cui uno lavora facendo sindacato o non essere gradito a questo o a quel personaggio della politica, dello sport, dell'economia senza differenze di schieramento. Non mi sono e non ci siamo mai posti questi problemi tanto da ricevere proprio da Voi e dal vostro capo redattore apprezzamento per le posizioni (condivise o meno) espresse.
Abbiamo sempre espresso prese di posizione proprio perché il sindacato unitario (e non unico) al suo interno ha questo dato comune: il no a qualsiasi forma di minaccia, di vessazione, intimidazione o altro. Di recente anche se poi nascosta dai diretti interessati, la Fnsi ha preso posizione a difesa dei direttori di «Libero» e de «il Giornale».
Speculare su un (questo sì, per una volta) ritardo nell'intervento, per dire che di fatto il silenzio è stata la nostra caratteristica, è sgradevole. Anche perché sembra quasi volere dire che sotto, sotto, quel demenziale volantino di minaccia in qualche modo se non ci stava bene, ci creava quantomeno imbarazzo.
Tutto questo è lontano dalla realtà dei fatti e da come e quanto pensa (per quanto possa interessarvi) il segretario del sindacato dei giornalisti e da come ci siamo sempre mossi.
Questa volta, certo, in ritardo sul fronte della solidarietà. Ma non «anche questa volta» (vi invito a rivedere le raccolte della vostra edizione ligure de «il Giornale»). Questo proprio no.
Con la stima e la solidarietà (anche se in ritardo, questa volta) di sempre. Che per questo segretario e per questo sindacato non sono né formali, né di facciata. Anche questa volta e senza ombra di dubbio certi che non sarà il demenziale (ma non per questo da sottovalutare) ritorno all'uso di simboli, linguaggi, minacce di un passato che per alcuni evidentemente non è «passato». Del resto l'elenco di giornalisti di diversa espressione minacciati, gambizzati, uccisi dal terrorismo sono lì a dimostrarlo. Magari può essere utile leggersi il libro scritto da Benedetta Tobagi, figlia di Walter, ucciso dal terrorismo rosso proprio per il suo modo laico e senza timore alcuno, di fare giornalismo.
Per noi, stanne certo caro Diego e ne siano certi i colleghi de «il Giornale», in quel passato e in questo presente non ci sono imbarazzi di fronte a stelle di ogni tipo e con qualsiasi numero di punte: le abbiamo sempre combattute. E al di là delle differenze di opinione, tutti hanno il diritto (dovere) di esprimere idee, posizioni, critiche e di fare e ricevere informazione. Anche quella de «il Giornale». Concetto questo che abbiamo sempre difeso e ribadito. E non solo questa volta anche se in ritardo.


*segretario Associazione
ligure dei giornalisti

Caro Marcello, è successo qualcosa di grave? Devo preoccuparmi? Da una settimana, esattamente da martedì scorso, c’è un presidente del sindacato, un segretario, cinque segretari aggiunti e quindici componenti del consiglio direttivo, tutti cari e stimatissimi colleghi, che hanno perso ogni contatto con la Liguria, con le loro redazioni e con le loro fonti? No, caro Marcello, «neppure questa volta» - espressione usata solo il settimo giorno e le raccolte del Giornale sono anche a tua disposizione - riesco a capirti. La stima, che resta, è un’altra cosa.
DPist

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