Washington - Ted Weill, Brian Moore, Robert Barr, Charles Baldwin, Ralph Nader… vi dicono niente questi nomi? Forse solo l’ultimo perché sono anni che, ad ogni tornata elettorale, Nader ci prova e si ricandida per la Casa Bianca, rimediando ogni volta sonore sconfitte. Il 4 novembre gli elettori americani sulle schede elettorali non troveranno solo i nomi di Obama e McCain. La possibilità di scelta sarà molto più ampia: a conti fatti almeno dieci candidati compresi i due principali. I partiti "minori" si presentano in quasi tutti gli Stati, facendo uno sforzo immane a livello di organizzazione. Ma ce ne sono altri che correranno solo nelle loro storiche roccaforti. Tanto sforzo, tempo e soldi spesi, ma per cosa? La passione prima di tutto. Ma poi, ovviamente, c'è altro: visibilità sui media, futuri incarichi (sia politici che a livello di lobby). L'importante dunque è esserci. E volete mettere il gusto un po' narcisistico - ma molto umano - di poter dire "Quello l'ho fatto perdere io!" - come fece Nader nel 2000 con Al Gore e Ross Perot nel 1992 con il presidente uscente George Bush senior?
L’indipendente più famoso Il plurimiliardario texano Ross Perot con il pallino per la politica per due volte tentò l’impresa impossibile: scardinare il sistema bipartico americano. Lo fece nel 1992 e nel 1996. La prima volta ottenne il 19% dei voti (quasi un americano su cinque votò per lui e molti dissero che contribuì alla sconfitta di George Bush senior), ma neanche un “grande elettore”. La seconda, invece, con il neonato Reform Party, ottenne appena l’8,4%. Questa volta il “Partito della riforma” si presenta con Ted Weill. Ha cinque anni più di Perot (è del 1925) e, in passato, ha fondato il partito per l’indipendenza del Mississippi.
Nader l’intramontabile Gli anni passano ma lui ci riprova sempre. Ogni volta con la stessa convinzione: portare avanti le proprie idee. Di professione avvocato, di origini libanesi, è diventato famoso per le sue storiche battaglie contro gli abusi delle multinazionali - specie in campo ambientale – e a difesa dei consumatori. Da anni, anzi da decenni critica la politica estera degli Stati Uniti perché, a suo dire, a guidarla non sono gli eletti dal popolo, a Washington, ma le multinazionali. Ha tentato di cavalcare fino in fondo l’onda no-global che partì dall’America qualche anno fa. Ma i successi sono stati molto modesti. A livello d’immagine no, lo conoscono tutti negli Usa. Puoi trovarti in un paesino sperduto della provincia americana e, dietro l’angolo di una strada, trovare un attivista che fa volantinaggio per Nader e Gonzalez (il suo vice). Si presenta per le presidenziali per la quarta volta consecutiva: nel 1996 e nel 2000 per i Verdi. Nel 2004 per il Reform Party, quest’anno come indipendente (per un raggruppamento di partiti: “Partito della legge naturale, Partito pace e libertà, Partito indipendente ecologista”). Nonostante i ripetuti insuccessi qualcuno sostiene che una volta sia stato decisivo, nel 2000. I 2,9 milioni di voti che prese (2,74%) tolsero linfa vitale aed Al Gore e spianarono la strada a Bush.
Socialista? Quasi un’offesa In uno degli ultimi dibattiti in Tv McCain si è scagliato contro Obama dandogli del “socialista”. Negli Stati Uniti è quasi un’offesa. Non siamo più al maccartismo ma poco ci manca. Se un repubblicano vuole delegittimare al massimo un democratico usa questo epiteto. Eppure, nonostante tutto, anche i socialisti si presentano alle elezioni con ben due partiti – e altrettanti candidati: il Partito socialista Usa (con Brian Moore alla guida), e il Partito socialista dei lavoratori, che presenta Roger Calero per la Casa Bianca. Nato in Nicaragua nel 1969 è arrivato con la sua famiglia a Los Angeles nel 1985. Ma visti i suoi natali non è “eleggibile” come presidente, per questo la suo vice (Alyson Kennedy) è, per così dire, “decisiva” in caso di vittoria. Ipotesi di pura scuola, ovviamente. Ticket misto (bianco e nero) anche per il Partito socialista Usa: con Brian Moore e Stewart Alexander. “Un radicale cambiamento nel sistema economico”, questo è lo slogan principale. Terreno fertile in questi tempi di crisi. Ma forse le risposte devono/possono andare un po’ oltre alla totale nazionalizzazione dell’economia.
Libertari d’America A guidare la battaglia dei Libertari è Robert “Bob” Barr, classe 1948. Nel logo del partito campeggia la statua della libertà e nel sito del partito, fondato nel 1971, si legge “il partito dei principi: governo snello, tasse più basse, maggiore libertà”. Rappresentano, a livello economico, l’ortodossia repubblicana. Ma sul fronte dei diritti civili (aborto, divorzio, ecc.) sono distanti anni luce dal Gop. Ma, a leggere il programma economico si scopre che il “nemico pubblico numero uno” dei libertari è George W. Bush e la politica monetaria repubblicana considerata troppo interventista.
Partito della Costituzione Limitare il più possibile i poteri del governo federale e riavvicinare la giurisprudenza al suo originario legame con i principi dei padri fondatori: questi i valori del partito. Nato nel 1992 raggruppa buona parte dei partiti indipendentisti e si propone di allargare il più possibile i diritti dei cittadini, compreso quello di possedere – e usare – armi. Convintamene no-global, anti libero commercio e pervicacemente deciso a difendere i confini degli Stati, costi quel che costi, si presenta alla corsa per la Casa Bianca con il suo leader, Charles “Chuck” Baldwin (56 anni), che gode del sostegno del repubblicano Ron Paul, il più “liberista” del Gop la cui corsa alle primarie, però, si è arenata molto presto. C’è ancora una speranza per l’America, si legge nel sito internet del partito: “Lasciate che si senta la verità”.
Verdi, ambiente e pacifismo “Power to the people” è lo slogan. Un po’ retrò ma sempre di effetto. Nel sito internet i volti sorridenti di Cynthia McKinney e Rosa Clemente campeggiano su uno sfondo che è un inno alla bellezza della natura, coi colori delle montagne innevate, dei boschi e l’azzurro del cielo. L’ambiente, ovviamente, è tutto. E il rinnovamento - rispetto a Nader - è la seconda regola. Ma la linea in comune è il pacifismo, anzi l’ultrapacifismo. Esperta di legge e relazioni internazionali, la McKinney nel 1992 è stata eletta al Congresso Usa come rappresentante della Georgia nel Partito democratico. Per quattro volte è stata confermata, nel 2002, invece, si è tirata indietro in profondo contrasto con il suo partito per la guerra nel Golfo e quella in Afghanistan. Tornata a Washington si è subito presentata agguerrita, chiedendo l’impeachment di Bush, Cheney e la Rice.
Socialismo e liberazione Della galassia socialista a stelle e strisce fa parte anche il “Partito per il socialismo e la Libertà” che
ha, come leader, Gloria La Riva (54 anni). Parola d’ordine: “Popolo sopra al profitto”. Entrata nell’agone politico agli albori dell’era Clinton (1992) come leader, e candidata, del Partito mondiale dei lavoratori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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