Politica

Casellati: «Io mi asterrò Non voglio che torni il caos»

Casellati: «Io mi asterrò Non voglio che torni il caos»

Francesca Angeli

da Roma

Astensione non vuol dire fermare la scienza o violare i diritti delle donne. Il sottosegretario alla Salute con delega sui temi della Bioetica, Elisabetta Alberti Casellati, non andrà a votare perché convinta dell’efficacia della legge. Rispetta chi la pensa diversamente e andrà a votare Sì mentre critica la scelta «farisaica» di andare a votare No. «Che valore ha questo no? - si chiede -. In realtà avrà l’unico effetto di alzare il quorum: mi sembra una dimostrazione di ipocrisia».
I referendari definiscono l’astensione una furbata. Per il leader di An Fini, è diseducativa...
«L’astensione non è espressione di disinteresse ma di una precisa volontà: quella di non mettere ai voti la vita. L’astensione dunque ha un significato preciso e non può essere giudicata diseducativa perché è una presa di posizione forte e consapevole. Non andrò a votare perché il referendum non è lo strumento adatto su questi argomenti. Rispetto la consultazione popolare come la forma più alta di democrazia ma non la giudico adatta in questo caso».
Che cosa succederebbe se si introducessero le modifiche richieste dal referendum?
«Si tornerebbe al caos perché di fatto l’impianto della legge verrebbe distrutto. I referendari dicono che le norme sulla fecondazione assistita non tutelano la salute delle donne. Ma vogliamo ricordare che cosa accadeva prima dell’approvazione della legge 40? C’era un drammatico vuoto legislativo grazie al quale si esercitava un uso selvaggio delle tecniche di fecondazione assistita. Le donne venivano bombardate di ormoni senza essere informate sui rischi e sulle conseguenze. Nessuno le avvisava del fatto che queste tecniche hanno una probabilità di successo bassissima, il 20/25 per cento. Vogliamo ricordare che l’eterologa, alla quale sono contraria, veniva praticata a caro prezzo soltanto nei centri privati? Io dico che questa legge ha posto fine ad eccessi e finalmente tutela davvero la salute delle donne e del nascituro».
E se invece il referendum fallisse? Verrà automaticamente rimessa in discussione la legge sull’aborto?
«La campagna referendaria è piena di suggestioni e strumentalizzazioni. La preoccupazione sulla 194 è del tutto immotivata. Io personalmente sono contraria all’aborto ma la 194 è legge dello Stato. Una legge confermata da una consultazione popolare in modo netto e dunque non la si può toccare».
Molti scienziati e premi Nobel sostengono che la legge 40 blocca il futuro della ricerca.
«Non tutti. Su questo punto gli scienziati sono divisi. Non ci sono certezze sull’uso delle cellule staminali embrionali. Credo che la scienza debba progredire ma il fine ultimo deve restare l’uomo. Se la scienza per progredire deve procedere all’eliminazione di embrioni, se per salvare o migliorare la vita delle generazioni future devo passare attraverso l’uccisione di altri esseri umani allora devo dire no. Questa legge non ferma la scienza ma mette semplicemente alcuni giusti paletti».
Lei non ricorrerebbe alla fecondazione eterologa o alla diagnosi preimpianto. Ma perché vuole proibirle anche a chi la pensa diversamente?
«I referendari dicono che esiste il diritto della donna, l’autodeterminazione, la libertà di coscienza dell’individuo e per questo rifiutano questi divieti. Ma se allora tutto deve essere permesso perché sono anche loro contrari alla commercializzazione dei gameti oppure all’utero in affitto o alla clonazione? Evidentemente anche loro ritengono che dei limiti debbano esserci.

Io credo che i limiti giusti, necessari siano quelli posti dalla legge 40».

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