Il caso Il diario segreto di Wanda: "Tra me e Wojtyla amicizia pura"

La donna polacca miracolata da padre Pio per intercessione del Papa ieri a Milano per la presentazione del suo libro. "Prima di morire gli chiesi: devo bruciare le nostre lettere? E lui: sarebbe un peccato"

Il caso Il diario segreto di Wanda: "Tra me e Wojtyla amicizia pura"

«Io non ricordo Giovanni Paolo II, in un certo senso sono ancora in contatto con lui, perché con i santi si può dialogare. Credo che anche in questo momento sia qui, dietro di me...». Wanda Poltawska, l’amica di don Karol Wojtyla, ha 88 anni, è una donna piccola, ma forte come una quercia. Ha il volto scavato dalle rughe e lo sguardo che sa essere duro quando ricorda gli anni tremendi trascorsi nel campo di concentramento di Ravensbrück, dove diciottenne fu sottoposta a barbari esperimenti chirurgici e dove vide morire tanti bambini appena nati. Per lei, ammalatasi di cancro nel 1962 quando le figlie erano ancora piccolissime, il vescovo Wojtyla chiese l’intervento di Padre Pio da Pietrelcina, che ricevendo la lettera del giovane prelato polacco, commentò: «A questo non si può dire di no». E la guarigione avvenne.

La incontriamo nella sede milanese delle edizioni San Paolo, dov’è venuta per presentare l’edizione italiana del suo libro Diario di un’amicizia (pp. 640, 24 euro), il diario spirituale di un’anima e del rapporto con quello che lei chiama il suo «grande fratello» Karol, un volume contenente molti inediti del futuro Papa che ricostruiscono il legame profondo instaurato da Wojtyla con la famiglia Poltawski.
Nel diario si racconta l’orrore del lager, gli anni non facili che seguono la liberazione, quando Wanda, profondamente segnata da quell’esperienza, studia medicina e psichiatria tentando di comprendere come sia possibile che l’uomo giunga a questi abissi di disumanità. Un giorno, in una chiesa, vede entrare un giovane sacerdote e va a confessarsi da lui: «Mi capiva, mi ricordo quel senso di incredibile sollievo per il fatto che esisteva qualcuno che finalmente mi capiva». Don Karol diventa il suo direttore spirituale e da quale giorno ogni mattina estrapola un passo dalle Scritture lette durante la messa chiedendo a Wanda di meditarle.

Lui la chiama con un soprannome, «mia carissima Dusia», lei lo chiama «fratello». Il futuro Papa diventa amicissimo di Wanda, del marito Andrzej, e delle figlie della coppia. La loro famiglia diventa la sua famiglia. Un’amicizia vera, profonda, pura, che ha destato qualche preoccupazione negli ultimi mesi – poi subito svanita – in chi temeva che la pubblicazione delle lettere e del diario potesse nuocere alla causa di beatificazione del Pontefice polacco. Il marito di Wanda Poltawska, nell’introduzione al libro, scrive: «Fu l’incontro di due forti personalità, che avevano tra loro, pur nella sostanziale diversità, molto in comune; fu l’incontro di un uomo molto virile, nel senso più profondo della parola, con una donna molto femminile, nel senso migliore della parola: sensibile, con una ricca dinamica di sentimenti, capace di lavorare con dedizione per gli altri». Chiediamo alla protagonista di parlare di questo rapporto, ricordando come la storia della Chiesa sia costellata di esempi di forti legami spirituali come quello che emerge dalle pagine del libro. «Anche oggi – spiega – è possibile vivere un’amicizia pura tra un uomo e una donna. Gesù ha detto: amatevi gli uni e gli altri, come io vi ho amato. Si possono e si devono amare tutte le persone come fratello e sorella, al di là di come si ama il proprio marito e la propria moglie, con la quale c’è un legame speciale benedetto da Dio che li rende una sola carne».
«Il Papa – racconta la dottoressa Poltawska – invitava sempre i giovani e i ragazzi alla disciplina, a tenere aperti gli occhi dell’anima e non quelli del corpo. E io ho incontrato tanti sacerdoti santi, non soltanto Wojtyla, che fedeli al celibato sapevano coltivare rapporti d’amicizia pura e fraterna con donne. La Chiesa cattolica ha bisogno di testimoni, che facciano vedere come sia possibile l’amore casto. Non è complicato, basta convertirsi...».

Alla domanda su quali ricordi ha di Karol Wojtyla, Wanda risponde con un sorriso: «Non lo ricordo, io sono in contatto con lui. Una volta, parlando di un luogo particolare, in un bosco nel sud della Polonia, da dove si godeva di un panorama bellissimo e dove più volte siamo passati durante le escursioni guidate da lui, mi ha detto che ogni qual volta vi fossi tornata, non sarei mai stata sola, lui sarebbe stato lì. Anche ora sono sicura che lui sia qui, alle mie spalle. Con i santi si può parlare, si può essere in contatto con loro».
Wanda ha raccontato della collaborazione con Wojtyla, prima sacerdote, poi professore, vescovo, cardinale e Papa.

Una collaborazione che aveva come terreno comune proprio la famiglia, la sua salvaguardia, la tutela della vita umana nascente. «Mi ha incoraggiato a fondare un istituto per la famiglia, una casa di accoglienza per ragazze madri. Mi ha lasciato a disposizione una stanza del suo appartamento per realizzare un consultorio dove aiutare le coppie in crisi che volevano separarsi. Voleva educare i giovani all’amore responsabile».

C’è tanto di Giovanni Paolo II nelle pagine di Wanda Poltawska. Poco prima che il Papa morisse, nel gennaio 2005, l’amica gli chiese se doveva bruciare le sue lettere e le sue annotazioni. Wojtyla rispose: «Sarebbe un peccato».

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