La Cassazione: «Per Brega la chirurgia è solo uno strumento di profitto»

Le motivazione con cui la suprema Corte ha disposto il carcere per l'ex primario della Santa Rita: «Nel corso delle indagini ha tentato di inquinare le prove»

Un «imponente quadro cautelare di notevole gravità». È quello che emerge, secondo la Cassazione, a carico di Pierpaolo Brega Massone, l'ex primario di chirurgia toracica della clinica Santa Rita finito in carcere per truffa aggravata, lesioni personali e falso ideologico, e ancora indagato per la morte sospetta di cinque pazienti avvenuta nella casa di cura. Del medico, in particolare, la Suprema Corte mette a fuoco la «pericolosità sociale», rivelata, come emerso in sede di riesame, «dal costante asservimento della chirurgia a strumento di ingiusto profitto», nonché dalla «carenza di remora alcuna a realizzare sistematicamente interventi chirurgici inutili e pericolosi, fortemente invasivi e mutilanti, infliggendo gravi menomazioni all'integrità fisica dei pazienti e, talora, cagionandone la morte, al solo fine di lucrare» sui rimborsi del Servizio sanitario nazionale. In tal modo, si legge nella sentenza numero 19992, con cui la prima sezione penale di piazza Cavour spiega perché il 29 aprile scorso aveva confermato l'ordinanza del tribunale del Riesame di Milano in seguito alla quale Brega era tornato in carcere, il paziente veniva «degradato a strumento di profitti illeciti», poiché il chirurgo dava «pervicace e cieca adesione» al sistema truffaldino.

Per questo la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di Brega Massone, ritenendo «sorretta da motivazione congrua affatto immune da illogicità», le motivazioni del riesame, anche in relazione al «pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, comprovato dalle gravissime condotte di inquinamento perpetrate dall'indagato durante le indagini».

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