Castelli: ecco il dietrofront della Corte dei conti

Il ministro: parlai con lui prima della Finanziaria

Castelli: ecco il dietrofront della Corte dei conti

Marianna Bartoccelli

da Roma

È scontro tra il ministro Castelli e il procuratore generale della Corte dei Conti, Vincenzo Apicella. Quest’ultimo, nella sua relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario, aveva accusato il governo di aver inserito nella Finanziaria una misura di condono per gli illeciti contabili. Ma il ministro della Giustizia Roberto Castelli lo smentisce prontamente: «La proposta di una sanatoria in tal senso mi era stata fatta proprio dal Procuratore generale Apicella». Replica immediata del magistrato che spiega: «Avevo, su invito del ministro, espresso il mio parere su una riforma possibile. La mia proposta riguardava un articolato per un organico sistema di riforma della responsabilità amministrativa e non di un singolo passaggio fuori dal contesto, come invece è avvenuto».
Il Guardasigilli riferisce invece di aver parlato della proposta del governo con Apicella «prima che la Finanziaria fosse approvata e lui mi aveva detto che il suo non era un atteggiamento negativo perché si trattava di una possibilità non molto diversa da quella proposta da lui».
Il ministro cita poi, fogli alla mano, quanto prevede la norma che gli era stata avanzata dal procuratore generale della Corte dei Conti: «I soggetti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non abbiamo versato in tutto o in parte le somme oggetto di pronunce di condanna, subìte per comportamento non doloso, nel giudizio dinanzi alla Corte dei Conti possono chiedere all'Amministrazione, per fondati motivi, di concordare una riduzione dell'importo della condanna nella misura massima del 40% oltre alla esclusione degli interessi legali, anche tenendo conto dei criteri di quantificazione del danno introdotti dall'articolo 1 della presente legge».
«È esattamente - sottolinea il Guardasigilli - quello che noi abbiamo scritto nel nostro emendamento, solo che noi abbiamo proposto una riduzione maggiore. Mi fa specie. Questa norma nasce dal fatto che oggi la Pubblica amministrazione è in grado di riscuotere il tre per cento delle somme. In questo modo, si spera di recuperare di più». Castelli non nasconde, dunque, tutta la sua amarezza. «Mi ha davvero fatto male - dichiara - aver ripreso una norma che viene proposta addirittura dalla Corte dei Conti e vedere poi che quando il governo la fa propria si parla di condono delle tangenti. Ho detto ieri che eravamo alla follia e lo ribadisco. Serve un minimo di coerenza».
Da parte sua, il Procuratore Apicella affida a una nota la sua smentita rispetto alle dichiarazioni del ministro Castelli: «Richiesto di esprimere un mio parere su un progetto di sanatoria contenuto nel ddl 1709 atti Senato della Repubblica, in sede di audizione del 14 luglio 2004 dinanzi al Senato, espressi parere negativo su tale progetto rilevando come siffatto condono avrebbe potuto avere un significato solo se inserito in un organico sistema di riforma della responsabilità amministrativa al fine di evitare disparità di trattamento tra la vecchia e la nuova disciplina».
Questa proposta - aggiunge Apicella - «è stata da me tradotta in un articolato non ufficiale che a titolo personale ho fatto pervenire alla presidenza del Consiglio come mio contributo al dibattito in corso e il cui testo dietro esplicita richiesta è stato trasmesso al ministro della Funzione pubblica».
Apicella, inoltre, afferma di aver avuto rapporti soltanto con la presidenza del governo. Al Guardasigilli, comunque, il Pg della Corte dei Conti afferma di «aver espresso» il suo «netto dissenso sul resto dell'emendamento contenuto in Finanziaria in quanto non collocato in un contesto organico di riforma.
«Ho incontrato il ministro Castelli al Quirinale, lo scorso dicembre, in occasione del saluto natalizio alle magistrature. Mi disse che era deluso dall'atteggiamento contrario della Corte dei Conti alla sanatoria sugli illeciti contabili prevista dalla finanziaria» scrive il presidente Apicella.
E aggiunge: «Gli risposi che un condono del genere era impensabile. Mentre sarebbe stato ammissibile solo in un contesto di riforma organica. In quella occasione gli parlai della mia ipotesi.

Sono molto amareggiato, trovo scorretto che un politico faccia ciò. Sono in magistratura da 46 anni e tra due giorni vado in pensione - conclude -. Sono e resto contrario ad un condono sugli illeciti contabili. Il mio progetto era altra cosa».

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