L'Etna magico di Maria Corti

L'Etna magico di Maria Corti
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Una nave senza vele e senza equipaggio solca ogni notte un mare dai bagliori fosforescenti, diretta verso la Sicilia. È la nave dei morti le cui anime, «svolazzanti come rondini in cerca del nido», dovranno imboccare la porta che separa il mondo terrestre da quello infero. Perché proprio la Sicilia è presto detto: nei pressi dell'Etna si odono spesso i lamenti furiosi dei demoni dell'inferno, irritati ogniqualvolta le preghiere e le elemosine strappano dalle loro mani le anime dei peccatori. A rievocare le leggende che si affollano attorno ai tremila metri dell'Etna, «sorprendente e trepido mélange di vulcanologia e teologia», è il Catasto magico (Nous, pagg. 120, euro 18) di Maria Corti (1915-2002), fra le nostre massime filologhe e semiologhe, indissolubilmente legata all'università di Pavia.

Verso il XII secolo, un'altra nave conduce Artù, scortato dalla fata Morgana, in Sicilia, innestando la materia di Bretagna in un'isola che è quanto di più lontano si possa immaginare dalle brume nordiche. Con una capriola ben degna delle gambe della triscele, la Sicilia si trasforma nella nuova Avalon, l'ultima dimora del re protetto dal mago Merlino. «Sono la fata dell'Etna», dichiara con una certa sfacciataggine Morgana nel romanzo arturiano in lingua d'oc Iaufre del 1180, «eu sui la fada de Gibel». Sarà costretta a fare le valigie durante il Rinascimento e a cedere il posto alle Ninfe dell'antichità; non è un caso che Pietro Bembo, a ventidue anni, scriva un De Aetna chiamandola «montagna non coniugata», con riferimento all'impressionante isolamento dell'Etna oggi visibile a chiunque sorvoli in aeroplano l'isola.

Catasto magico fu pubblicato la prima volta nel 1999; l'edizione recente rimuove alcune sviste dell'autrice e circonda il testo con una bella prefazione della curatrice Anna Longoni, una nota del filosofo Leonardo Caffo e un saggio di Boris Behncke, ricercatore dell'osservatorio

etneo, che chiude il volume ricordando quanto spesso i vulcanologi con l'Etna si trovino ridotti a mal partito, perché avvezzi a indagare «vulcani o di un tipo o di un altro, ma non di tutti i tipi messi insieme in uno solo».

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