Roma - Basso, bassissimo profilo. Berlusconi se ne sta rintanato a palazzo Grazioli e limita le visite e le uscite pubbliche al minimo indispensabile. Salta la conferenza stampa con il ministro del Turismo Brambilla, medita se presenziare a una messa commemorativa dell’amico defunto Comincioli, riceve il ministro delle Infrastrutture Matteoli. Il momento è delicato: c’è la manovra da approvare entro fine settimana e il nostro Paese, come del resto tutta Eurolandia, resta sotto osservazione. L’attacco speculativo è stato respinto con la garanzia che la finanziaria passerà a tempo di record. Ma poi?
Nella maggioranza avanza un dubbio: e se l’entità della manovra si rivelerà non sufficiente? Il premier resta ottimista e ripete che i conti sono a posto, che il Paese riuscirà ad arrivare al pareggio di bilancio nel 2014, che l’Europa ha già promosso i nostri sforzi. Ma se lunedì o la settimana prossima, a manovra approvata, gli attacchi speculativi dovessero riprendere? Un incubo che il Cavaliere scaccia con fastidio ma che potrebbe avverarsi. In quel caso sarebbero guai perché le opposizioni non sarebbero più disposte a dare una mano. «Il nostro senso di responsabilità ci impone il soccorso questa volta - dice un uomo molto vicino a Casini - ma la prossima...». Come a dire: se la Borsa dovesse bruciare altri miliardi torneremo a chiedere con forza che Berlusconi si faccia da parte. E, in quel caso, che ruolo potrebbe giocare Napolitano? Già ora molti deputati del Pdl ammettono: «Siamo in una fase in cui il capo dello Stato ha un peso immenso. Di fatto è come se fossimo in una Repubblica presidenziale». Ed è forse anche per questo che Berlusconi, per ora, preferisce restare sotto coperta. Una parola di troppo o una frase travisata potrebbe avere effetti indesiderati sui mercati e, in ultima analisi, sulla ripresa degli attacchi delle opposizioni. E il Quirinale farebbe senza dubbio sentire la propria voce. Governo tecnico? Per Berlusconi anche un esecutivo di salvezza nazionale non scaccerebbe certo le speculazioni. Per cui, neanche a parlarne.
L’altra preoccupazione riguarda la vicenda Tremonti. Il caso giudiziario che ha coinvolto l’ex braccio destro del ministro dell’Economia potrebbe avere ulteriori sviluppi e gettare altre ombre sull’uomo di via XX Settembre. Magari fino a spingerlo alle dimissioni. Vero che spessissimo tra i due c’è stata ruggine ma, sempre stando così le cose a livello internazionale, in questo momento l’ipotesi di perdere una pedina come Tremonti sarebbe rischiosissimo. Qualcuno mormora in Transatlantico: «Se cade Giulio cade anche Silvio». Vero? Magari no. Un sostituto lo si troverebbe. Gira insistentemente il nome di Mario Monti ma in pochi sono pronti a scommettere che l’ex commissario Ue sia disposto a entrare in questo governo. «Quello vuole fare il premier, non certo il rincalzo di Tremonti», giura un anonimo leghista.
Tutte supposizioni che il Cavaliere allontana con fastidio ripetendo che finché c’è la maggioranza in Parlamento il governo va avanti. Governo che la prossima settimana dovrebbe subire un ritocco importante. In agenda ci sono le dimissioni del Guardasigilli Alfano, di recente acclamato segretario del Pdl.
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