(...) felicemente con il suo contrario. Pluralista è (devessere) la prudenza politica, ispirata alla tollerantissima carità. La politica onestamente ispirata ha il compito di assicurare la pace in quelle comunità che sono divise (appunto) da una pluralità di fedi e culture contrastanti. (Fermo restando che le divisioni, spesso feroci, sarebbe meglio che non fossero). La cultura, invece, non può mai dirsi in sé pluralista. Cultura è coltivazione dell'uomo secondo una verità che è sempre intollerantissima, come rammentava Michele Federico Sciacca. Dato il principio di identità e non contraddizione , se c'è una cultura adatta alla coltivazione dell'uomo tutte le altre non lo sono o lo sono in misura insufficiente. Possiamo concepire un muro pittoresco, su cui siano affissi i ritratti di Cristo, di Marx, di Nietzsche ecc. Ma un pensiero e una cultura in cui Cristo, Marx e Nietzsche ecc. convivono in concordia felice non lo possiamo seriamente pensare. La sintesi di pensieri irriducibili è irriducibile al senso comune. Cultura pluralista è contraddizione in termini. Non a caso l'uscita dalla cultura del senso comune è stata indicata dal maestro dei sessantottini, Marcuse: condannare il principio fascista di identità e non contraddizione codificato da Aristotele. Demonizzare il senso comune, in ultima analisi. E sostenere che una data cosa, nello stesso istante e sotto il medesimo aspetto, è alta e bassa, fredda e calda, vera e falsa, buona e cattiva. Oggi contempliamo il disastro mentale procurato dalla guerra alla ragione dichiarata da Marcuse.
Il disastro comincia dal relativismo (disprezzo della verità) e mette capo al nichilismo: rifiuto delle nuove vite, culto della morte, liquidazione dell'amore familiare, diffusione dei vizi più assurdi. Ecco il vero volto della cultura pluralista.*scrittore e filosofo
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