Expo, pronti via. Finalmente dopo un anno di incertezze, tira e molla, litigi e ritardi la società è pronta a partire. Una giornata positiva quella di ieri, cominciata alle ore 9.30 al Pirellone con l’assemblea dei soci, formata dai rappresentanti del Tesoro, del Comune, della Provincia, della Regione e della Camera di commercio, e terminata nel pomeriggio con il consiglio di amministrazione della società di gestione. Al termine il nuovo vicepresidente e amministratore delegato della Società Expo 2015 spa, Lucio Stanca, ha incontrato il sindaco di Milano Letizia Moratti per sciogliere il comitato di pianificazione dell’Expo. Il dado, dunque, è tratto. Il primo compito che attende il cda è quello della stesura del Business plan, del masterplan del sito e di un piano finanziario. Ma facciamo un passo indietro. Nell’agenda dell’assemblea dei soci l’ingresso di
due nuovi nomi nel Cda della società di gestione, ovvero Lucio Stanca, ex
ministro dell’Innovazione, e Leonardo Carioni, a sostituire i dimissionari Paolo
Glisenti, braccio destro del sindaco, e Angelo Provasoli, nominato presidente
del collegio sindacale, al posto di Dario Fruscio. Al terzo punto la
ricapitalizzazione della società con 10 milioni di euro e la modifica dello
statuto che introduce la figura del vicepresidente del cda, conferita a Stanca.
Contraria al doppio incarico la Provincia, che non ha votato la modifica dello
statuto che prevedeva la non cumulabilità della nuova carica di vicepresidente
con quella dell’ad.
Polemica che si interseca con quella sulla carica di
parlamentare di Stanca, su cui anche nei giorni scorsi si era levato un coro di
indignazione. In prima fila sempre il presidente della Provincia, Filippo
Penati: «Il fatto che Stanca non si dimetta da parlamentare dimostra che non ha
fiducia nel futuro della società e dell’Expo». Ma non la pensano così il
presidente del Cda, Diana Bracco, per la quale «il legame di Stanca con Roma è
molto importante perché vogliamo che tutto il Paese capisca l’importanza di
Expo», e Leonardo Carioni, consigliere del Tesoro per il quale «sarà una
verifica della commissione elettorale della Camera a decidere sull’eventuale
incompatibilità». Da parte sua Stanca si dichiara disponibile a «dimettersi
all’istante se la Camera dovesse contestare l’incompatibilità del doppio ruolo».
E mentre si susseguivano i botta e risposta il cda deliberava sui poteri e
sui compensi dell’ad e vicepresidente della società: 300mila euro l’anno più
150mila euro al raggiungimento degli obiettivi. Soddisfatta la Lega «per la
decisione di stipendi più equilibrati e limitati». Un bel taglio, non c’è che
dire, rispetto a quei 700mila euro all’anno chiesti inizialmente, contro i quali
il Carroccio aveva annunciato battaglia.
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