«Celestina» strega d’amore alla conquista dello Strehler

La più grande attrice spagnola del dopoguerra porta in scena la novella di Rojas del 1491. Il regista Lepage: è un’opera sul caos morale

Enrico Groppali

Un eccezionale avvenimento artistico è in programma da stasera a domenica al Teatro Strehler. Dove la Compagnia Núria Espert di Madrid, nota in tutto il mondo per le famose messinscene di Lorca, Genet e Valle-Inclan firmate, negli anni Settanta, da registi del calibro di Victor Garcia e Jorge Lavelli, presenta in coproduzione col gruppo canadese di Robert Lepage uno dei testi più alti e misteriosi della storia del teatro classico: La Celestina scritta nel 1492 dal baccelliere Fernando de Rojas.
«Un evento - come sottolinea Sergio Escobar, presentando al pubblico l’attrice e il regista - straordinario per più di un motivo. Intanto perché vede riuniti per la prima volta la più grande attrice spagnola del dopoguerra e il regista oggi più acclamato della sua generazione, ma anche e soprattutto per la scelta di un testo che per la difficoltà dell’allestimento e la fluviale lunghezza del copione (ben sedici atti nell’originale) ha scoraggiato in Europa più di un teatrante, a cominciare nei lontani anni Sessanta dalla nostra Anna Magnani».
Ma l’eclettico canadese del Québec, da sempre ospite fisso del Piccolo pressocché a ogni stagione, tra l’altro recentemente insignito del prestigioso Premio Ubu in quanto autore del migliore spettacolo straniero presentato in Italia la scorsa stagione (The Busker’s Opera tratto dall’Opera del mendicante di John Gay) ha voluto a ogni costo cimentarsi con questo monumento della letteratura drammatica iberica non appena ha conosciuto la Espert.
«Mi era già capitato - dice - di metterlo in scena a Ottawa in francese e al Dramaten di Stoccolma, il teatro di Bergman, addirittura in svedese. Ma quando Núria, ansiosa di collaborare con me, mi sottopose altri possibili testi, la bloccai subito imponendole la Celestina. Una sfida che si poteva proporre solo a un’artista del suo calibro che aveva trionfato in passato con altre creature dell’area mediterranea, dalla sposa sterile di Yerma a Mari-Gaila, la diabolica strega di Divinas Palabras, il capolavoro di Valle-Inclán».
Dal canto suo la Espert aggiunge che «non appena Robert mi nominò questo testo affascinante ma pericolosissimo, esitai. Come avremmo risolto, tanto per cominciare, il problema dell’adattamento? Tagliare ventun quadri e sedici atti non è un problema da poco. Per fortuna la versione in franco-canadese del poeta Michel Garnou ci ha fornito la base necessaria per portare in porto questa rischiosa iniziativa cui, per la prima volta nella mia carriera, ho contribuito ritraducendo nel castigliano di oggi tutto il testo, parola per parola, prima di condensarlo in una sorta di miracoloso action painting di palcoscenico».
Anche sul come e perché La Celestina è ancor oggi considerata un’opera bizzarra e controversa, che suscita discussioni per la crudezza del linguaggio e l’aspro ritratto sociale di un Medioevo alla deriva, i due protagonisti dell’impresa (che da un anno riscuote un gran successo in tutta Europa) hanno le idee chiare.
«Disturba sempre - dice il regista - il ritratto di una ruffiana che, al di là dell’orribile mestiere che esercita, somiglia per certi tratti a una protofemminista dato che senza di lei due ragazzi travolti dall’amour fou come Calisto e Melibea non potrebbero amarsi.

Come disturba il ritratto di un’oligarchia chiusa e la tesi di un clero che, in nome dell’onore, soffoca il naturale trasporto dei giovani».
Al pubblico italiano, ora, il diritto di giudicare e di applaudire lo spettacolo che il parigino Le Monde ha giudicato «le plus singulier de ces dernières années».

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