In cella il nipote, fidato segretario del boss

Il suo codice era il numero 123. Smistava i pizzini, curava gli spostamenti dello zio e teneva i contatti con il medico, il numero 60

Mariateresa Conti

da Palermo

In codice era il numero 123. Nella sostanza, un «segretario particolare», la persona che smistava i «pizzini» con cui Provenzano per anni ha comandato senza problemi un'organizzazione complessa qual è Cosa nostra. Insomma, un factotum. Un factotum fidatissimo, tanto più che del superboss inafferrabile per 43 anni è anche parente stretto, il figlio della sorella.
Torna in carcere con l'accusa di associazione mafiosa Carmelo Gariffo, 47 anni, nipote prediletto di Bernardo Provenzano. Le manette sono scattate all'alba di ieri, nell'abitazione di Corleone dell'uomo, sulla base degli elementi raccolti dopo l'arresto del superboss, lo scorso 11 aprile. Ad incastrare Gariffo, i «pizzini» trovati nel covo del superboss, una vera miniera una volta interpretato il codice con cui Provenzano indicava, con appositi numeri, le persone. Gariffo era appunto il 123, e di «pizzini» a lui diretti o suoi ne sono stati trovati parecchi. E di vario genere. Da uno si evince che il 20 aprile il boss avrebbe dovuto sottoporsi ad un controllo medico, in un luogo diverso dal covo di Montagna dei Cavalli, controllo saltato a causa dell'arresto, nove giorni prima. Da un altro «pizzino» si comprende che il numero 60 deve essere un medico o un infermiere, visto che sprona il superboss a curarsi, dando la sua disponibilità ad andare a fare un prelievo a domicilio al superlatitante. Il numero 5, invece, dovrebbe essere l'autista di Provenzano, l'uomo cui il superboss si affidava per i suoi spostamenti in auto. Gariffo si sarebbe occupato anche delle questioni familiari: sempre dai «pizzini» emerge infatti che ha fatto da tramite in una diatriba tra Bernardo Provenzano e il fratello Simone, e che è stato lui ad occuparsi del viaggio a Marsiglia di Bernardo Provenzano per l'operazione alla prostata. A Gariffo è stato inoltre sequestrato un computer nascosto in un ufficio segreto a sua disposizione. Un pc che, si spera, potrà dire molto sugli affari di Provenzano.
Una vecchia conoscenza, per gli inquirenti, Carmelo Gariffo. Con l'accusa di avere riciclato i soldi dello zio - all'epoca latitante - ha già scontato otto anni di reclusione. Tra l'altro, è il suocero di Giuseppe Lo Bue, il collega di lavoro di Angelo Provenzano arrestato insieme col padre per favoreggiamento al superboss. E proprio sui precedenti penali di Gariffo si innesta una polemica politica: quella tra il presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, e l'ex sindaco di Corleone, il diessino Pippo Cipriani. Sui presunti legami tra la sinistra e Gariffo, Cuffaro è andato giù duro: «Carmelo Gariffo - rileva Cuffaro - era socio di una cooperativa, denominata Millennium, che a Corleone, negli anni in cui era sindaco Giuseppe Cipriani, esponente di spicco dei Ds e altro gran teorico dell'antimafia - si occupava della raccolta dei rifiuti. Con un contratto, neanche a dirlo, siglato tra la stessa cooperativa Millennium e quell'amministrazione comunale. I rapporti tra la famiglia Gariffo e l'amministrazione comunale di Corleone dell'epoca dovevano essere piuttosto saldi, se è vero che si contano ben 12 contratti, firmati sempre dall'allora sindaco Cipriani, con la Edil Gamma, società riconducibile al fratello di Carmelo Gariffo, Michele Arcangelo». Pronta la replica di Cipriani: «Gariffo entrò come socio nella cooperativa Millennium quando non ero più sindaco a Corleone.

Anzi, come opposizione, facemmo una battaglia per fare sciogliere la cooperativa». Ma il Governatore controreplica: «Cipriani si arrampica sugli specchi. Non spiega perché ha firmato ben 12 contratti con la Edil Gamma, riconducibile a Michele Arcangelo Gariffo, fratello di Carmelo Gariffo».

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