Censura al Giornale, persino il Fatto ci difende "Alla sinistra non piace la libertà di stampa"

Il direttore del Fatto Antonio Padellaro, antiberlusconiano, critica l’esposto del Pd che vuole chiudere il Giornale perché favorevole al premier: "Li conosco bene, la loro suscettibilità è insopportabile. Sbagliato pensare che i giornali debbano uniformarsi a un criterio unico"

Censura al Giornale, persino il Fatto ci difende 
"Alla sinistra non piace la libertà di stampa"

Roma - Antonio Padellaro ha un lungo curriculum da direttore, e oggi è alla guida del più recente prodotto sul mercato dei quotidiani, Il Fatto: un esperimento coronato da grande successo di pubblico e di vendite. È un giornalista di sinistra, fieramente anti-berlusconiano. Ma l’esposto contro il Giornale presentato all’ufficio del Garante per le comunicazioni dal responsabile informazione del Pd, Paolo Gentiloni, per chiedere di sanzionare questa testata non gli è piaciuto per niente.

Non che l’iniziativa lo stupisca più di tanto, spiega: «Sono stato a lungo, in una delle mie vite precedenti, direttore dell’Unità. E in quella veste ho conosciuto da molto vicino la grande suscettibilità della sinistra nei confronti della libertà di stampa dei giornali: una suscettibilità che può raggiungere livelli insopportabili, insopportabili, in-sop-porta-bi-li!». Tant’è che dall’Unità se ne è andato.

Direttore Padellaro, Gentiloni argomenta che «il Giornale» debba essere sanzionato perché è troppo favorevole a Berlusconi e troppo critico coi suoi avversari. Le pare un’argomentazione valida?
«Mi pare francamente bizzarra, diciamo così. È una iniziativa che dà una brutta impressione, sbagliata. La politica dovrebbe stare ben lontana dai giornali, e quando se ne occupa dovrebbe evitare di dare la sensazione di voler tappare la bocca a qualche testata».

Insomma simpatizzare per Berlusconi non le pare un argomento sufficiente per far chiudere un giornale?
«Conosco Gentiloni, è una persona mite e mi auguro che la sua mitezza lo trattenga dall’auspicare chiusure di giornali. Dubito fortemente, per altro, che su queste basi l’Agcom possa erogare sanzioni. Insomma, mi pare più che altro un’iniziativa fatta tanto per farlo sapere, nella veste di responsabile dell’informazione per il Pd. Mi auguro che Gentiloni ci spieghi le motivazioni che lo hanno spinto a prendere questa iniziativa. Personalmente penso che sbagli, se pensa che i giornali debbano uniformarsi a qualche criterio unico. Guai se fosse così: ci possono essere voci che ci danno fastidio nel panorama dell’informazione, ma devono poter parlare tutte. E vivaddio lo fanno».

Sta dicendo che non c’è il regime che frena la libertà di stampa?
«Per quanto riguarda la carta stampata assolutamente no, non c’è nessun regime: c’è un effettivo pluralismo. Il discorso è diverso per la tv, ma per i giornali ci sono miriadi di testate con impostazioni diverse, e tutto si può dire tranne che in questi ultimi mesi non ci sia stata informazione plurale, e i che i giornali non siano spesso stati protagonisti e non abbiano potuto influenzare la politica con le loro iniziative informative. Di segno diverso, ma vivaddio».

Parla anche delle iniziative del «Giornale»?
«Beh, per fare un esempio trovo che l’inchiesta giornalistica sulla casa di Montecarlo, che pure aveva certo un risvolto politico evidente, sia stata un’eccellente inchiesta giornalistica, fatta con grande cura. E ha saputo segnare un’intera estate».

Che fa, i complimenti a questo giornale?
«Sulle cose fatte bene perché no? Poi siamo anche critici e a volte sarcastici, quando notiamo qualcosa di buffo. Ad esempio, vi sto ancora aspettando al varco sulla storia della nipote di Mubarak: non mi pare che sulle pagine del Giornale si sia ancora esercitata la virtù dell’ironia, a quel proposito. E sì che meriterebbe...».

Anche il suo quotidiano è fortemente caratterizzato, e immagino che dia spesso fastidio. Ha più rogne con la destra o con la sinistra?
«La sinistra rompe infinitamente le scatole, ma ha un pregio: non querela. Invece la destra ci riempie di querele. Credo di detenere il record italiano, ne ho almeno una cinquantina. C’è qualcuno che mi ha chiesto addirittura 11 milioni di euro di danni, manco fossi il Superenalotto.

La sinistra fa pressioni, la destra invece manda gli avvocati. Comunque Il Fatto ha una sua piena autonomia oggettiva, e nessuno si può permettere di dirci niente. Non abbiamo “amici” né “padrinati”, e rompiamo le scatole a tutti. Quando sbagliamo, gli errori sono nostri».

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