«Non era unopera pensata per un dibattito giornalistico, ma ovviamente mentirei se dicessi che mi dispiace tutta questa attenzione...». Alberto Melloni, curatore del Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento, non appare preoccupato della stroncatura dellopera monumentale firmata da Lucetta Scaraffia e della puntualizzazione di Anna Foa su Avvenire.
Non le sembra quantomeno eccessivo attribuire al cristianesimo la responsabilità morale della Shoah?
«Innanzitutto vorrei rispondere che lautore, Dietrich, non è uno storico, ma un teologo che insegna al Boston College. La sua esposizione non mi sembra univoca, viene citata anche la posizione contraria e quindi si spiega come il dibattito si sia sviluppato. Credo qualcuno abbia frainteso: non si tratta di una voce storica dedicata alla posizione del magistero ecclesiatico sulla Shoah, ma una sintesi del dibattito teologico. Non nascondo che la voce di Dietrich sia puntuta, ma rimproverare certe mancanze, come ha fatto Lucetta Scaraffia, equivale a rimproverare I promessi sposi perché non sono i rima».
Veniamo a unaltra critica, lassenza di Ratzinger dalla teologia. Un po eclatante, non le pare?
«Guardi, in realtà chi fa questa osservazione può far pensare di non aver letto lopera, perché se si ha la pazienza di scorrere le pagine del Dizionario ci si rende conto che Joseph Ratzinger è citato non una, ma quarantaquattro volte, in voci diverse: a volte si cita Ratzinger giovane, altre volte Ratzinger maturo professore. Tra laltro, tutte le voci sono state scritte prima dellelezione di Benedetto XVI, ed è vero che non ce nè una dedicata a Ratzinger in quanto tale, come non se ne troverà nessuna dedicata a Rahner, Barth o Congar. Ma è una calunnia affermare che abbiamo censurato il Papa, anche perché non sono così cattivo o così stupido da pensare di cancellare Ratzinger dalla storia della teologia. Tra laltro, a proposito di citazioni, ricordo che anche la professoressa Scaraffia è ricordata nellopera un paio di volte».
E come la mettiamo con la bioetica, una delle «emergenze sociali» secondo lenciclica Caritas in veritate, alla quale non avete dedicato una voce specifica, mentre invece lavete dedicata allormai tramontata teologia della liberazione?
«È vero che non cè una voce bioetica, ma la bioetica cè, ed è trattata nel più classico dei modi, sotto la voce dedicata alla teologia morale. Ovviamente si può criticare questa o quella voce, io stesso sono ben cosciente che ci sono voci più riuscite e altre più deboli, ma se devo essere sincero, mi aspettavo più rigore in certe critiche. Quella di Lucetta Scaraffia più che una stroncatura mi è sembrata e spero sia solo una sensazione il tentativo di attaccarmi personalmente».
Ammetta però che anche lei, quando commenta o recensisce, intinge talvolta il pennino nel curaro...
«Non mi lamento, certi attacchi alla giugulare sono tipici del mondo accademico.
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