Brad Pitt ha prodotto il film - ambientato in Pakistan ma girato in India - di un regista britannico impegnato come Michael Winterbottom: Un cuore grande. Presentato, fuori concorso, al Festival di Cannes, il film è il punto dincontro fra neodivismo e anti-neocolonialismo e lha originato lautobiografia di Mariane Pearl, vedova di Daniel, giornalista rapito e decapitato in Pakistan nel 2002 come ebreo, come americano e (forse) come agente della Cia. Un buon soggetto che la sceneggiatura di Orloff ha rispettato: così Winterbottom ha potuto compendiare dramma personale, crisi politica locale e internazionale.
Se cè una donna in angoscia (Mariane Pearl, interpretata da Angelina Jolie) perché il pubblico femminile simmedesimi, il contesto storico del suo dolore è il vero centro del film. Qui vediamo i servizi segreti pakistani - che devono salvare Pearl da altri pakistani con e per conto dei servizi segreti statunitensi - lacerati quanto si può esserlo: sono infatti composti da agenti che, con e per conto degli statunitensi, avevano sostenuto i talebani afghani quando questi ultimi erano appoggiati da altri integralisti islamici (sauditi, egiziani, algerini, ecc.), fra 1979 e 1988, della guerra contro linvasore di turno dellAfghanistan: allora era lUrss...
Meglio che in Rendition di Gavin Hood, presentato alla Festa di Roma, in Un cuore grande si colgono paradossi e contraddizioni del neocolonialismo americano, privo di un progetto di dominazione geopolitico di lungo respiro come quello del colonialismo britannico.
UN CUORE GRANDE di Michael Winterbottom (Usa/GB, 2007), con Angelina Jolie, Liev Schreiber, 110 minuti
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