Il primo ad occuparsi letterariamente delle gesta dei licantropi probabilmente fu Petronio, il quale nel Satyricon fa raccontare al liberto Nicerote (durante la celeberrima cena a casa del ricco Trimalcione) l’incontro da incubo avuto in un cimitero con un soldato capace di trasformarsi in un lupo mannaro e così affamato da far strage di un gregge di pecore. Il filo rosso sangue delle gesta di queste creature soggette a mutazioni nelle notti di luna piena è stato nel tempo seguito da autori del calibro di Alexandre Dumas (Il signore dei lupi), Guy De Maupassant (Il lupo), Luigi Pirandello (Male di luna), Rudyard Kipling (Il marchio della bestia), Stephen King (Unico indizio la luna piena), Fred Vargas (L’uomo a rovescio), Clive Barker (Crepuscolo alle torri), Marco Vichi (Nero di luna), Robert R. McCammon (L’ora del lupo).
Eppure, nonostante queste riuscite incursioni narrative, nell’universo licantropico i lupi mannari sono sempre risultati cugini poveri dei vampiri che ne hanno oscurato le gesta nelle classifiche dei bestseller grazie alle loro imprese ma soprattutto grazie alla loro magnetica sensualità. A rinverdire le sorti dei poveri uomini che ululano alla luna non sono bastati i loro ruoli da antagonisti dei signori della notte in serie come Underworld o Twilight, né le loro incursioni in alcuni fortunati romanzi di J.K. Rowling e R.L. Stine. Chissà se a portare alla riscossa i nostri licantropi non sia il recente L’ultimo lupo mannaro (Isbn Edizioni, pagg. 478, euro 16,90) di Glen Duncan, salutato come il romanzo definitivo dedicato a queste creature. Un insolito e piacevole pastiche fra gothic novel e feuilleton, fra il romanzo d’azione e quello horror, scritto con una sensibilità pop ammirevole.
Il protagonista è Jacob Marlowe, l’unico lupo mannaro sopravvissuto sulla terra. L’ultimo della sua specie, braccato dai membri del Wocop (l’organizzazione mondiale per il controllo dei fenomeni occulti). Jacob, ormai stanco della sua lunga esistenza, aspetta sereno la morte bevendo whisky. Si è dato un mese di tempo per lasciarsi catturare dai suoi nemici, dopo che questi hanno eliminato il Berlinese. Nato nel 1802, Jacob Marlowe è stato trasformato in licantropo nel 1848 mentre si trovava in gita in Europa affascinato dal Grand Tour. Un morso non letale lo infettò e lo costrinse a subire la Maledizione che lo obbliga ogni mese a trasformarsi durante le notti di luna piena. Dalla sua nuova condizione Marlowe ha appreso molto. Ha una forza e un istinto straordinari, ma non può permettersi legami sentimentali duraturi. Inoltre è sterile e sa che è impossibile placare la bestia che vive in lui quando sta per esplodere. Per questo ha imparato a sfogare la rabbia, piuttosto che a reprimerla. Sceglie con cura le proprie vittime fra le persone più disprezzabili e abbiette e, quando subisce la sua trasformazione, le fa a pezzi. Sa di essere vulnerabile dai proiettili d’argento e soprattutto di essere odiato e temuto dalla razza umana.
Duncan è abilissimo nel tratteggiare la psicologia del suo eroe e si diverte a costruire il romanzo come se fosse una sorta di diario sentimentale del protagonista. Jacob rilegge e riracconta a se stesso, ma anche alle compagne occasionali dei suoi accoppiamenti bestiali. Si eccita a raccontare storie di licantropi, specie se ad ascoltarlo sono prostitute di bassa lega come Madeleine. Donne con le quali ha rapporti fugaci e con sulle quali sfoga i suoi bassi istinti, onde evitare che ingenerino altra violenza involontaria. Di Duncan erano già apparsi in Italia 666 Io sono il diavolo e Morte di un uomo qualunque (rispettivamente da Newton Compton e Fazi) e lo scrittore inglese dimostra di aver imparato sia la lezione letteraria del ciclo delle Cronache dei vampiri di Anne Rice, sia quella cinematografica di pellicole come L’uomo lupo di George R. Waggner, Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis, o L’ululato di Joe Dante. Ed è appassionante seguire le vicende del povero Jacob Marlowe costretto a spostarsi fra Londra, la Siria, Parigi, Itaca e il Galles, tallonato dai due cacciatori di licantropi Ellis e Grainer. Uomini spietati che hanno un solo interesse: staccargli definitivamente la testa dal collo.
Non temiamo di svelarvi alcun colpo di scena anticipandovi che più dei suoi acerrimi avversari sarà una donna (Talulla Mary Appollonia Demetriou) a scombussolare per sempre il destino di Jacob. L’ultimo lupo mannaro è il primo romanzo di una trilogia e i fratelli Ridley e Tony Scott se ne sono già aggiudicati i diritti di adattamento cinematografico.
Sanguigna è anche la recensione del romanzo di Duncan fatta da un rocker come Nick Cave che ha scritto: «un urlo folle, brutale e indignato. Una storia sexy e sanguinosa, splendidamente costruita e piena di autentica suspense, che squarcia il genere horror per creare, nella sua unicità, qualcosa di inebriante e maestoso».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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