Chi salverà la Grecia? I suoi Eroi

Il nemico della Grecia non è l’eurodespota. È il tempo. Parliamo del tempo lineare e dinamico della storia, l’inesorabile tic tac delle scadenze, le «ore decisive» che si accavallano, gli ultimatum sull’orlo del buco nero, del default. Se invece galleggiasse nel tempo statico e ciclico del suo mito, l’Ellade sarebbe già salva, e fiorente. Potrebbe contare su una pattuglia di eroi, teste di diamante e muscoli d’acciaio, che la tirerebbero fuori dai guai.
Ce ne dà conferma uno splendido prontuario, il secondo volume sul mito greco (il primo raccontava gli dei), Gli Eroi, a cura di Giulio Guidorizzi (Mondadori, «I Meridiani», pagg. 1759, euro 60). Gli eroi sono umani all’ennesima potenza. «Hanno un corpo e un’anima più grandi dei nostri, spiegava Aristotele. Le loro vene sono azzurrate da un po’ di icore, il fluido degli dei. Non sono stinchi di santi, né cavalieri del Bene. Molti sono supercriminali, un impasto di eccezionalità e infamia che li marchia come gregari di un destino misterioso e cupo. Ma hanno tutti in comune un talento: risolvono problemi.
Proviamo, per gioco d’immaginazione, ad affidare loro questa Grecia prostrata. Sono tutto, fuor che tecnici calcolatori. Quali sarebbero le loro contromosse alla crisi? Il volume, correttamente, ci presenta gli eroi spartiti in squadre di pronto intervento. I primi sono i «civilizzatori»: fanno «cultura» là dove signoreggiava la bruta natura.
Il modello è Prometeo («colui che prevede»), un filantropo che rubò il fuoco agli dei per far maturare dei cavernicoli in persone civili. La fiamma è la chiave del progresso: non solo cuoce i cibi (il transito dal crudo al cotto è il vestibolo della modernità), ma fonde i metalli, modella la creta e fa dell’uomo un religioso che accende i sacri altari degli dei, propiziandone i favori. Prometeo costellerebbe la sua cara terra di industrie, un Marchionne al cubo. Con qualche marcia in più. «Quegli stessi tesori che la terra nasconde all’uomo - il bronzo, il ferro, l’argento e l’oro -, chi può dire di averli scoperti prima di me?» si vanta, per bocca del tragediografo Eschilo. I metalli pregiati farebbero comodo alla casse esauste di Atene, ma l’eroe tecnologico - ne siamo sicuri - trarrebbe dal sottosuolo i tesori dell’energia, il gas, l’oro nero, e chissà cos’altro. E non è tutto. Prometeo insegnò il vaticinio, la lettura esatta del futuro grazie allo studio del volo degli uccelli e delle viscere delle vittime cerimoniali. Anticaglie? Non proprio: sapere in anticipo dove vanno a parare gli arcani mercati azionari, se lo spread s’impenna o si sgonfia, quali saranno le scelte strategiche degli investimenti globali sarebbe un toccasana per un’economia in debito d’ossigeno. Si potrebbe contare su uno staff di eroi inventori di prima grandezza.
Dèdalo non era solo il designer dei labirinti e un pioniere dell’aviazione. Dal suo laboratorio uscivano statue animate. Gli artigiani prima di lui si limitavano a produrre simulacri ingessati nell’immobilità arcaica. Ma quel genio elaborava automi, intelligenti macchine del futuro che solo i re potevano accaparrarsi. Sotto la guida di Dèdalo, l’industria informatica ellenica andrebbe alle stelle, creando seri grattacapi a Bill Gates e al marchio della mela.
Palamede, altro cervello fino, aveva inventato le lettere dell’alfabeto, studiando le formazioni delle gru in volo, e il gioco degli scacchi. Affidato a lui, il business greco dell’intrattenimento e del multimediale genererebbe un giro d’affari da capogiro. E già si affacciano alla ribalta gli eroi «fondatori», Cadmo, Teseo, Batto... Costruivano città dal nulla, dove prima c’era solo desolazione, deserto e qualche drago sanguinario. Non era solo una lavoro da palazzinari, innalzare muraglie, edifici, acròpoli e templi, colate gigantesche di pietra e cemento. Quei manager del territorio avevano un chiodo fisso: forgiare comunità d’uomini coese, operose, docili ai supremi dettami di Dike, la giustizia sociale. Il tutto si definiva con una splendida e pura parola, inventata da loro: politica, l’arte di trasformare il caos tribale in un congegno solidale e rassicurante in cui la gente si sente a casa propria, libera dalla miseria, dall’angoscia del domani.
Su tutti gli eroi, brilla Eracle, star della fatica vittoriosa. Ne infila dodici, una dopo l’altra, di imprese impossibili. È un campione.

Il suo enorme valore è un messaggio: non arrendersi mai. Mostri, incubi e spettri sono lì solo per farti dimostrare quanto vali. Sarebbe la ciliegina sulla torta, la botta più dura alla crisi: un’iniezione immensa di fiducia, di autostima. Forza, Grecia!

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