Chinatown, il trasloco non si fa più

Chinatown, il trasloco non si fa più

È una partita a ping pong. Il Comune aveva chiesto il time out fino al 20 aprile. Ossia: immediatamente dopo le elezioni, per impedire che il clima della campagna elettorale avvelenasse una trattativa che è complicata già di per sé. Ma Angelo Ou e Luigi Sun, i due imprenditori cinesi a capo del progetto dell’«Asian trading center» al Gratosoglio, dove dovrebbero trasferirsi i grossisti di via Paolo Sarpi, non hanno voluto aspettare. Con una lettera inviata sia a Palazzo Marino che al console cinese Zhang Limin ieri hanno comunicato la loro rinuncia a portare avanti la realizzazione del centro commerciale, progetto presentato ufficialmente lo scorso 19 febbraio.
L’assessore allo Sviluppo del territorio, Carlo Masseroli, minimizza: «Mi dispiace che alcuni interlocutori cinesi si siano trovati nella condizione di non poter portare avanti la trattativa con gli operatori italiani - afferma -, da qualche settimana ero stato informato di questo passaggio. Ma l’operazione va avanti, perché altri imprenditori della comunità cinese hanno manifestato interesse per l’area di via dei Missaglia», che si estende su circa 53mila metri quadrati e dovrebbe ospitare circa 300 attività. Il percorso, assicura Masseroli, «va avanti. La comunità cinese e l’amministrazione comunale hanno condiviso e deciso di delocalizzare le attività all’ingrosso dalla zona di via Sarpi, e resta fine aprile il termine in cui ci attendiamo la consegna del progetto». A spingere l’altra cordata al dietrofront sarebbe stata la votazione, il 17 marzo, di una mozione bipartisan targata Pd e Lega sull’istituzione subito della ztl nell’area di Chinatown e, entro i successivi sei mesi, di un’isola pedonale vera e propria. Prima di quel voto, il 10 marzo, il vicesindaco Riccardo De Corato e l’assessore Masseroli avevano incontrato gli imprenditori cinesi e avevano chiesto di fornire entro il 20 aprile date certe e il numero dei grossisti disposti a trasferirsi al Gratosoglio. «Dopo sette giorni - spiega Angelo Ou - il consiglio vota per la ztl, contrariamente all’accordo. Da quel momento io e Sun ci saremmo aspettati una convocazione per darci delle spiegazioni. Dopo otto mesi di duro lavoro abbiamo definitivamente perso la fiducia nel Comune». I due imprenditori sono comunque «ben disposti a trasferire tutte le nostre conoscenze e competenze sul progetto ai nuovi interlocutori che, siamo certi, il Comune ha già individuato. Anche se abbiamo ragione di credere che l’amministrazione stia già caldeggiando altre ipotesi sui luoghi dove trasferire l’ingrosso».

Resta ottimista il vicesindaco De Corato: «Non c’è niente di irreparabile, sono convinto che la situazione, dopo le elezioni, si possa recuperare. Mi sembra probabile, se la notizia esce proprio a cinque giorni dal voto, che nella comunità cinese ci sia qualche "suggeritore". Del resto è noto che il Pd non desidera che troviamo soluzioni su Chinatown, vorrebbe lasciarci con il cerino in mano. Mi dispiace che nella maggioranza qualcuno abbia abboccato al loro gioco». Riferimento non casuale alla Lega: «Avevamo rimandato apposta il tavolo al 20 aprile, ma hanno voluto a tutti i costi votare la mozione sulla ztl in aula. Ora dobbiamo recuperare i danni fatti da altri». Non usa toni concilianti invece il capogruppo del Carroccio Matteo Salvini: «Basta ricatti e minacce dai cinesi, i loro supermercati in ogni caso se ne dovranno andare. Vogliamo la ztl e il divieto all’ingrosso nel quartiere entro l’anno».

Il dato politico, sostiene invece la capogruppo milanese del Pd, Marilena Adamo, è che «l’amministrazione non ha mai preso in mano davvero la questione.

Non so se si potrà tornare a una mediazione ma c’è stato un deficit di programmazione serio, come il non aver mai avviato un tavolo con la Provincia per stabilire sull’intera area metropolitana una programmazione: dalle aree di interscambio a un ingrosso vero, e non un dettaglio all’ingrosso».

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