(...) la Sampdoria rimonta per due volte lo svantaggio con rigore di Pazzini e zampata di Pozzi, con Semioli lascia i padroni di casa in braghe di tela e finalmente trova un arbitro che invece di negarle i rigori sui Pazzini e Cassano di turno (clamorosamente accadde con Fiorentina, Parma, Lazio e Cagliari) ne nega un paio (di Palombo e Gastaldello su Sanchez) all'avversario. Domanda d'obbligo: e ora, che dal baratro in cui stava sciaguratamente sprofondando è miracolisticamente risalita in un batter di ciglia alla parte sinistra del tabellone, cosa accadrà alla Sampdoria? Alla luce del trionfo del «nemico» Del Neri, Cassano chiederà di cambiare aria o si riporrà disciplinatamente al servizio della squadra quale prezioso valore aggiunto? Per conciliare attendibili auspici va riproposto il flash back integrato da un paio di retroscena.
Nove partite da leoni (6 vittorie, 2 pareggi, una sconfitta, 17 gol segnati, 9 subiti). Poi 11 partite da similconigli (6 sconfitte in trasferta, una vittoria e 4 pareggi in casa, 6 gol segnati, 20 subiti): la Sampdoria stava andando a picco. Ci voleva una scossa. C'è stata. Lodevolmente, in 8 stagioni la gestione Garrone-Marotta non ha mai sostituito l'allenatore in corsa. Nemmeno quando Novellino raccolse la miseria di 4 punti nelle ultime 13 partite del campionato 2005/2006. Nemmeno quando Mazzarri esordì con la miseria di 4 punti nelle prime 7 partite del campionato 2008/2009, e nemmeno quando - dopo quello d'andata - perdette pure il derby di ritorno. Stavolta però lo stridore fra l'inizio maestoso e il seguito miserevole puntualizzato da 8 tremendi ceffoni incassati da Juve e Genoa senza accennare uno straccio di reazione è stato talmente forte da far vacillare anche il principio più radicato. La piazza pretendeva la scossa. Ma quale, visto che l'unico allenatore su piazza virtualmente all'altezza del compito era Cagni, al cui eventuale ritorno in blucerchiato la Sampdoria - primo retroscena - è decisamente contraria?
Fatalmente, la palla passava a Del Neri. Che aveva due sole forti mosse a disposizione per confermarsi duce autorevole: presentare orgogliose dimissioni per vedersele accettate o meno, o decidere di andare a Udine silurando Fantantonio; mitigando ufficialmente la decisione, per non giocarselo, con la contusione al ginocchio. Invece, purtroppo per Del Neri - secondo retroscena - Cassano gli ha servito l'assist velenoso con palla di piombo: costringendolo a denunciare preventivamente il «motivo tecnico», cioè obbligandolo al muro contro muro. Sfidato pubblicamente, per non perdere la faccia al cospetto dello spogliatoio, dei dirigenti, dei tifosi e dei media Del Neri si è visto obbligato ad affrontare l'ordalia: e poiché il Giudizio di Dio non solo gli ha salvato il posto ma gli ha anzi rilucidato il carisma di comandante in capo, come la prenderà Cassano cui d'ora in poi sarà giocoforza rinunciare a qualche piccolo privilegio a Bogliasco e in partita? Perché vedete: Gigi Del Neri ha ragione di pretendere che Antonio Cassano faccia il Roberto Mancini, cioè segni 10 o 12 gol personali intanto che ne fa fare altri 20 o 30 ai compagni. Ma Fantantonio ha ragione di lamentarsi di una squadra la cui azione si è ridotta a partire faticosamente da dietro con farraginosi fraseggi che invariabilmente sfociano in sconsiderate sventagliate di 50 metri che sono la morte sua e del centravanti. Quale che sia la valenza che si vuole attribuire al miracolistico successo di Udine, il campione Antonio Cassano resta l'imprescindibile valore aggiunto di una Sampdoria operaia.
Da qualche partita ormai (Parma, Lazio, Milan, Roma, Bari) il Genoa di Gasperini duramente impegnato ogni 3 giorni denunciava un preoccupante calo di tensione psicofisica. Particolarmente piacevole e confortante è stato perciò vedergli guadagnare il 7° posto in classifica rivedendolo agire in pompa magna, pienamente alla Gasperini, contro l'Atalanta. Nuovamente all'altezza della situazione è stata la difesa imperniata su Dainelli, con Rossi, Biava e Moretti mastini implacabili, egregia è stata la prova del vecchio campione Crespo - un concentrato di orgogliosa professionalità - e del rampante cavallone Mesto e dell'ancor agile pantera Suazo; ma veder giocare quel Milanetto uno-due che può vedersela da pari a pari con Pirlo tra i registi italiani, quell'elegantissimo Criscito che sembra sfiorare il prato, quell'indemoniato Palacio che quando punta l'avversario lo infila allo spiedo, è stato un autentico godimento per gli occhi degli appassionati del gioco del calcio.
Ora, poiché anche il Grifone, come la «cugina», è reduce da un'inquietante serie (Livorno, Lazio, Milan, Roma) di delusioni esterne, è universale la trepidante attesa della trasferta di Napoli per trarre auspici definitivi.
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