Ci siamo complicati la vita

Inguaribili Tafazzi. Ecco cosa siamo, nel calcio in modo particolare. Degli inguaribili Tafazzi che si prendono a bottigliate, da soli. Non riusciamo a godere di una partenza lanciata al mondiale, di un luccicante 2 a 0 sul Ghana che sbrana la Repubblica Ceca ieri pomeriggio. Tutto perso, tutto dimenticato, tutto superato dagli stenti dell’1 a 1 di ieri sera, a Kaiserslautern. Nonostante la possibilità di sgabbiare dalla partita con un prezioso colpo di testa di Gilardino che mette risultato e qualificazione sul binario giusto. Un binario in discesa che porta di filato agli ottavi. E invece no. Non è Italia se non si trasforma da seducente ragazza in un brutto anatroccolo. Un po’ perché il destino beffardo prende le sembianze di un maldestro rinvio di Zaccardo segnalandone il modesto tasso tecnico, un po’ perché a De Rossi salta la mosca al naso. E da quella bella Nazionale lodata da Blatter, ecco spuntare fuori difetti e limiti gravissimi. La gomitata sul viso di McBride è un pugno nello stomaco a tutti i tifosi italiani presenti a Kaiserslautern e anche uno sgambetto immeritato ai suoi compagni. Le scuse non basteranno. Forse è il caso di lasciarlo fuori a meditare sul grave errore commesso. Perché non è la prima volta che gli succede. Capitò anche con la Roma, in coppa, a Bruges. E allora quel paziente di Luciano Spalletti gli brontolò dietro parole di fuoco. «Sei contento?» gli chiese in modo accademico.
Prima della carognata di De Rossi e dello sfortunato intervento di Zaccardo, si colgono al volo le differenze palesi con la prova col Ghana. C’è una squadra meno attenta e meno decisa, meno geometrica e anche un po’ troppo accademica nella quale Totti si muove come fosse alle prese con un allenamento invece che con la partita che può apparecchiare la qualificazione. Anche questo è un tema da segnalare, un giudizio da inchiodare sulla sagoma di Francesco, uscito dopo mezz’ora per cedere il posto a Gattuso e riscrivere il copione tattico della partita.
Da quel momento e fino all’epilogo, non è più stata una partita tradizionale, la partita preparata da Lippi. Nonostante il contributo degli Usa al taccuino degli espulsi ed ammoniti. Hanno menato come fabbri e sono stati castigati dall’arbitro uruguagio Larrionda, uno da prendere ad esempio per coraggio e precisione chirurgica nell’uso dei cartellini. Prima in 10 contro 11, poi in 10 contro 9, all’inizio della ripresa, con Del Piero al posto di Zaccardo, gli azzurri han perso le posizioni e i collegamenti tra i reparti rischiando in qualche contropiede di lasciarsi impallinare dagli Usa. A tenere unita la squadra solo la regia di Pirlo, a proteggerla alle spalle la corazza di Cannavaro, un capitano coraggioso e spietato.
E adesso la vita, per la Nazionale, si fa improvvisamente dura. E la qualificazione diventa un rebus. Legato al risultato del prossimo, terzo appuntamento. Può bastare il pareggio contro la repubblica Ceca, ad Amburgo.

Ma la squadra risulta provata dall’ora giocata in dieci. Del Piero ha perso una grande occasione per diventare l’hombre del partido. Ci ha provato, questo è sicuro. Senza riuscire ad entrare nella storia del mondiale azzurro. Anche lui dev’essersi ricordato di Tafazzi.

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