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Il cimitero degli eroi perde 200 salme

Continuano a chiamarlo cimitero, ma sotto quei sepolcri imbiancati si cela un vero casino. Anzi, un casino dell’altro mondo. Chiedetelo al generale Steven Whitcomb, l’ispettore dell’esercito degli Stati Uniti mandato a verificare le voci che da qualche tempo turbano la sacra fama di Arlington, il Pantheon degli eroi e dei padri dell’America. Lì, nel sacrario più celebrato d’America, nell’estrema dimora di presidenti come John Fitzgerald Kennedy, tra le lapidi degli eroi di tutte le grandi guerre combattute da Washington, regnano incertezza e confusione. Incertezza per le salme perdute. Confusione per le tombe scambiate. Eh sì, avete capito bene, nel «luogo più sacro del mondo» – come ama definirlo la retorica militare americana - nessuno da un po’ di tempo aggiornava registri e archivi. E così molti caduti destinati all’imperituro ricordo risultano ora dispersi in un mare di grigia sciatteria. I numeri dell’indagine del generale Whitcomb parlano chiaro. Tra quei giardini di marmo, Washington ha definitivamente perso le tracce di centinaia dei suoi eroi. Roba da far venire gli incubi ai soldati mandati a combattere in Afghanistan ed Irak e già pronti a chiedersi se sia meglio finir dispersi su un campo di battaglia straniero o tra i cippi marmorei di quell’angolo di Virginia. Roba da mandar su tutte le furie i vertici del Pentagono, sempre pronti a giurare che quel sacrario, simbolo del sommo sacrificio e della dedizione americana alla patria, fosse un luogo senza ombre e difetti. Per capire che qualcosa non quadrava bastava invece raffrontare il numero dei caduti e quello delle tombe. I registri della zona 27 - rivela il meticoloso ispettore generale dell’esercito - riportano 5.816 sepolture, ma sopra quella distesa di fosse sono rimasti piantati solo 5.303 cippi. Insomma, oltre 500 caduti non hanno più né un luogo né un nome. Disastri e sviste simili sono evidenti e numerosi anche nelle zone 59, 65 e 66 dedicate a varie guerre fino a quella del Vietnam. Nemmeno nell’area numero 60 - riservata alle salme arrivate negli ultimi nove anni da Afghanistan e Irak - regna comunque un sacro ordine. Almeno due sepolture assai recenti riportano nomi e indicazioni rivelatesi completamente sbagliate. Ma per gli amanti del grottesco e del surreale Arlington propone anche le cosiddette inumazioni doppie. Il signor James Harris, oltre alla sua tomba originale dispone - ad esempio - di una seconda lapide posizionata sopra i resti di tale Moses Ludley.
Di fronte a quei numeri incongruenti, a quelle tombe senza più eroi e a una lettera dei vertici del Pentagono che chiede la sua testa, anche l’inossidabile signor John Metzler - sovraintendente e capo assoluto del cimitero da tempo - ha dovuto rassegnarsi a concedere le dimissioni. Un addio seguito da quello del suo vice Thurman Higgenbotham e dal discorso di scuse che il sottosegretario del Pentagono John McHugh ha rivolto alle famiglie dei caduti. McHugh s’è detto sconvolto, ha promesso maggiori controlli e ha garantito che l’errore non si ripeterà. Per le 211 salme smarrite nei circa due chilometri e mezzo dell’immenso giardino di marmo non c’è però molto da fare. Per loro esiste un’unica certezza, quella di diventar parte dell’unica tomba che dalla cima di una collinetta domina la distesa di bianche lapidi. È la grande tomba del soldato ignoto.

Una sola tomba per altri 211 fantasmi senza più nome e memoria.

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