Le certezze sulla matrice razziale dietro laggressione a un cinese avvenuta la settimana scorsa a Roma a opera di bulletti di periferia mossi, secondo laccusa, da rancori di natura razziale, sono state messe in discussione ieri alla Procura dei minori. A insinuare il dubbio nel pm Carlo Paolella, ma soprattutto a determinare la necessità di una serie di accertamenti per fare luce sulla matrice, è stato lavvocato Gianluca Arrighi, difensore di Michele F., il ragazzo che ha materialmente colpito con un pugno al volto Tong Hong Shen, 36 anni, fratturandogli il setto nasale. Per questo motivo i sei giovani sono, per il momento, indagati solo per lesioni gravi e non anche per violenza razziale.
Michele ha ammesso di aver sferrato il cazzotto, ma solo come reazione a una serie di «li mortacci...» che il cinese gli avrebbe rivolto dopo essere stato urtato mentre si allacciava una scarpa. Il ragazzo prima di colpire lextracomunitario gli avrebbe urlato contro: «cinese di m...». Un diverbio, quello scaturito dalla mancanza di scuse che lextracomunitario lamentava, degenerato, è la tesi difensiva, nel pugno in pieno volto. A sostegno di questa argomentazione, il difensore del ragazzo ha rivendicato una ricostruzione dei fatti che discosta da quella della polizia municipale e che ha indotto il Pm a disporre accertamenti. Secondo Arrighi, vicino alla fermata del bus in cui è stato colpito il cinese non cerano quattro dei sei ragazzi fermati. Questi si trovavano in un centro commerciale e avevano incontrato Michele poco dopo il fatto. La circostanza è stata confermata non solo dai quattro interessati, ma dallo stesso autore del gesto.
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