Cipro, turca candidata per i greci

Maria Gilda Lyghounis

«Bisogna amare la propria patria, diceva mio padre. Ma la mia patria è divisa in due. Quale parte devo amare?». Neshe Yashin, poetessa turco-cipriota, non ha voluto scegliere. E proprio per dimostrare che «l’amore non può essere diviso» è la prima candidata al Parlamento della Repubblica di Cipro (ossia la parte greco-cipriota dell’isola, l’unica a essere riconosciuta dall’Onu, dopo l’invasione del terzo settentrionale di Cipro da parte dell’esercito di Ankara nel 1974) a parlare un turco perfetto e un greco stentato. «La mia è una sfida contro i nazionalismi, perché invito i greco-ciprioti a votare per una turco-cipriota. Desidero solo che Cipro sia riunita».
Per votare ed essere votata nelle legislative di oggi, nelle liste del piccolo partito dei Democratici uniti, Neshe Yashin ha dovuto lottare, appellandosi alla nuova legge imposta al governo greco-cipriota dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: solo dal 2004 la minoranza turco-cipriota di circa 1.000 persone rimaste ad abitare nella parte libera dell’isola ha il diritto di andare alle urne e di presentarsi alle elezioni. Ma già dal 1997 Neshe è fuggita dalla autoproclamata Repubblica di Cipro del Nord, dove per la sua tenacia di volere «vivere insieme e non separati» aveva perso il posto di insegnante ed era perseguitata dalla polizia segreta.
Per percorrere i pochi chilometri che separano il suo villaggio natale di Peristerona, nella costa nord, dalla Nicosia greca, ha dovuto affrontare un complicato ponte aereo Istanbul-Atene-Larnaka (l’aeroporto della Repubblica di Cipro). E l’incomprensione dei suoi amici, che non capivano perché abbandonasse il suo Paese. Ma per lei non è un tradimento: anzi.
Riuscirà a essere eletta? Forse no, perché i Democratici uniti, nel Parlamento uscente, contavano un solo seggio: e i sondaggi li danno ora all’1,5% dei voti, troppo pochi per ottenere una delle 56 poltrone in lizza.
a la riunificazione di Cipro resta il tema dominante di questa campagna elettorale, la prima dopo l’ingresso nel 2004 di Cipro nell’Ue. È la speranza di tutti i 470mila elettori greco-ciprioti (e dei 270mila turco-ciprioti). «Anche se rifiutiamo uno Stato con due zone etniche separate e due tipi di amministrazione diversi quando l’82% dei ciprioti parla greco», ha chiarito nei giorni scorsi il presidente e capo dello Stato Tassos Papadopulos, riferendosi al piano delle Nazioni Unite bocciato due anni fa da 75 greco-ciprioti su cento, preoccupati soprattutto dal permanere sull’isola di 35mila militari turchi che solo dopo un triennio diventerebbero seimila. «Dobbiamo comunque evitare che la divisione di Cipro sia accettata de iure dalla comunità internazionale», precisa Dimitris Christofias, leader degli ex comunisti dell’Akel, primo partito con 20 seggi nelle legislative del 2001 e membro del governo di coalizione con il partito centrista Diko di Papadopulos e con i socialisti del Kisos.


I sondaggi danno l’Akel ancora vincente, con 18-19 seggi, ma per un soffio: lo tallonerebbe il principale partito d’opposizione, di centro-destra, Dysi, con 17-18 seggi. Comunque sia, Kofi Annan ha già invitato il presidente Papadopulos a ridiscutere la riunificazione dell’isola subito dopo le elezioni. Vedremo se il sogno di Neshe Yashin diventerà realtà.

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