Cronache

Cirano, eroe di spada e di parola

Un eroe di spada e di parola: è il «Cirano» di Edmond Rostand, in scena al festival di Valle Christi a Rapallo, questa sera alle 21.15, nell'allestimento di Corrado D'Elia, che veste anche i panni del protagonista. La storia ruota intorno all'amore di Cirano, prode spadaccino e fine poeta deturpato da uno sproporzionato naso, per la cugina Rossana (Elisa Pella). Lei è però invaghita di Cristiano (Stefano Annoni), giovane cadetto di bell'aspetto ma poco brillante. Sarà Cirano a corteggiare la bella con i suoi versi in nome di Cristiano, con tragici esiti.
Racconta Corrado D'Elia che lo spettacolo è nato dieci anni fa dalla volontà della neonata Compagnia dei Teatri Possibili di confrontarsi con una grande storia, sfrondandola di tutti gli orpelli di ambiente e costumi e dei giochi barocchi di versi alessandrini e rime, trasponendola nel linguaggio essenziale del teatro contemporaneo; la traduzione in prosa è di Franco Cuomo, deceduto lunedì durante un intervento chirurgico e a cui la Compagnia dedica la messinscena di stasera.
Il successo è stato tale che, da allora, la compagnia replica il «Cirano» alcuni mesi l'anno nei teatri stabili e nei festival più prestigiosi. «Cirano è diventato il manifesto della poetica della Compagnia - commenta Corrado D'Elia. - È sempre stato un personaggio molto amato, ma un po' snobbato dalla critica, che lo cataloga spesso sbrigativamente come un eroe popolare. Rostand scrive a fine '800, è contemporaneo di Jarry, che con il suo "Ubu Re" pone una pietra miliare del teatro dell'assurdo. Ma anche Rostand crea un personaggio modernissimo, che stipula con Cristiano un patto quasi faustiano», impegnandosi a non rivelare mai a Rossana di essere lui l'artefice delle lettere d'amore che l'hanno conquistata. «È un patto nobile, non di opportunità, che consente la sopravvivenza di ambedue, uno nel ricordo, l'altro continuando a vivere di un amore riflesso accanto a Rossana».
L'attualità del personaggio emerge nel suo spirito anarchico, in lotta contro qualsiasi tipo di potere, spirituale o temporale, ma anche nella lealtà ai suoi princìpi e nel suo inestinguibile amore per una sola donna, in un'epoca contrassegnata, come la nostra, dal naufragio degli ideali in nome dell'opportunismo. La scena è costituita da un piano inclinato che si scompone per richiamare i luoghi del «Cirano», dal balcone di Rossana ai campi di battaglia; e gli oggetti, assenti sul palco, sono evocati dai gesti degli attori, che li caricano di significati simbolici. La tristezza della morte di Cirano, nel finale, si sublima in una suggestiva scelta registica: mentre l'abbazia di Valle Christi si trasfigura nel convento in cui si è ritirata Rossana, Cirano si libera dell'ingombrante appendice del naso.

Tutti gli altri personaggi ne indossano uno, in un potente gesto di identificazione.

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