La prima città no-smoking Vietato fumare nelle strade

Calabasas, sobborgo di Los Angeles, approva una nuova legge: sigarette illegali nei parchi e anche nei giardini privati

Giuseppe De Bellis

A Calabasas «vietato fumare» è un cartello che non ha più senso: sigarette, pipe e sigari sono proibiti ovunque. Non si può accendere negli uffici pubblici e privati, nei bar, nei pub, nei ristoranti, neppure in quelli con i tavoli all’aperto; sui marciapiedi, nei parchi pubblici e in quelli privati, nel proprio giardino, in casa. Non si può e basta, perché questo sobborgo di Los Angeles di 23mila abitanti è la prima cittadina al mondo completamente senza fumo. Lo è da due giorni, da quando è entrato in vigore il nuovo regolamento comunale sul fumo passivo sul quale la giunta ha lavorato due anni fa. La legge va oltre quella di New York e quella dello Stato della California. Oltre anche la legge italiana che almeno all’aperto concede di fumare. È più restrittiva persino di quella approvata nel 2005 a San Francisco che mette al bando i fumatori dai parchi cittadini. Calabasas è la frontiera della lotta alla dipendenza da nicotina. Si concede due soli spazi in tutto il suo territorio nei quali le sigarette sono tollerate. Il bando totale a sigarette, sigari e pipe si riassume nel preambolo della legge: «Questa città è contro il fumo. È una città salutista e non vuole che alcuni dei suoi abitanti ne uccidano altri con il loro vizio».
Le norme che impediscono di fumare sono precise e severe. Così uno non può uscire dal proprio ufficio e andare sul marciapiede a fumare in pace, come succede in Italia o negli altri Paesi che hanno approvato una legge no-smoking. A Calabasas se qualcuno lo fa e un poliziotto lo becca gli fa una multa di 500 dollari. Ma non è necessario avere sempre la divisa. A Calabasas, in caso di trasgressione del vietato fumare, vale anche la delazione: chiunque cammini per strada e osi accendere una sigaretta può vedere una persona che gli venga incontro e lo obblighi a spegnere. E se non lo fa, l’altro chiama un numero verde e spiffera tutto alle forze dell’ordine: una pattuglia esce e va a multare il criminale tabagista. Anche per lui 500 dollari. Stessa somma storia se si entra in un parco pubblico e ci si permette di tirare fuori una bionda dal pacchetto per farsela in pace. Qui la multa dipende: se nel raggio di tre chilometri non c’è nessuno si ha lo sconto (250 dollari), se invece c’è qualcuno che fa jogging o porta a spasso il cane arriva la solita sanzione da cinquecento bigliettoni.
Bandito il fumo per strada e nei parchi pubblici non resta che casa propria. Invece no. Nella città smoking free, le sigarette sono vietate anche lì: non si può fumare nel giardino o sul balcone se il fumo rischia di arrivare nella proprietà altrui. E non bastano i muri a evitare il provvedimento: non si può fumare dentro casa se la distanza dall’abitazione dei vicini è così breve che odore e effetti collaterali del fumo possono raggiungere altre persone.
La logica della nuova legge di Calabasas l’ha spiegata a Bloomberg News il sindaco Barry Groveman: «Fumare non è un diritto. Avere l’aria pulita per respirare bene, invece lo è». Groveman dice di avere le spalle coperte, perché è un avvocato di Musick Peeler & Gattett, un importante studio legale di Los Angeles: si occupa di normative pubbliche e di leggi sull’ambiente. Allora è certo che tutte le obiezioni che i fumatori della sua città gli stanno muovendo in questi giorni non hanno basi: «La costituzione degli Stati Uniti sostiene che i cittadini devono avere la possibilità di vivere bene. Se qualcuno fuma questo è impossibile».

Per essere ancora più convincente, Groveman ha infilato nella nuova legge sul fumo una serie di dati che fanno spavento: «Negli Stati Uniti ogni anno 440mila persone muoiono per colpa di tabacco e nicotina, il fumo passivo ne uccide 52mila, 300mila bambini americani soffrono di difficoltà respiratorie perché inalano il fumo delle sigarette di altri».

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