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Fisco, arrivano i nuovi algoritmi: ecco come funzionano

L'Intelligenza artificiale verrà impiegata in modo sempre più profilato contro l'evasione. Ecco come funzionano gli algoritmi e quali sono le logiche con cui ragiona il Fisco

(Immagine: https://pixabay.com/geralt)
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Il fisco ricorre all’Intelligenza artificiale (AI) per prevenire l’evasione. Quello tra erario e tecnologie è un sodalizio su cui fa affidamento il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, che ha tracciato l’evoluzione della macchina erariale a margine del Festival dell’economia di Trento (25-28 maggio 2023).

Il passato, ha detto Ruffini, era tutto analogico: fatture cartacee, dichiarazione dei redditi da compilare a mano e rimborsi più lunghi. Oggi il fisco è già in gran parte digitalizzato, tant’è che si può fare quasi tutto online, senza rivolgersi alle sedi territoriali dell’Agenzia dell’Entrate.

Se il passato può essere archiviato, il futuro è ancora tutto da costruire.

Il fisco e l’Intelligenza artificiale

È tutto pronto, l’Agenzia delle Entrate ha tutto ciò che serve. Ha gli algoritmi per individuare le posizioni incongruenti e facilitare il compito a chi deve svolgere approfondimenti e indagini, ha le competenze tecnologiche necessarie e anche la potenza di calcolo adatta allo scopo. Non da ultimo, durante il mese di luglio del 2022, ha incassato l’Ok del Garante per la privacy trovando la formula per scovare gli evasori senza lederne i diritti fondamentali.

L’AI sarà quindi il soldato preciso e instancabile con il quale il fisco mapperà le attività e i processi di ogni comparto economico per essere maggiormente efficiente e, usando le parole di Ruffini, “arrivare direttamente a chi evade le tasse senza disturbare chi le paga”.

Ovvero, il fisco si prepara a prevenire l’evasione perché recuperarla è più complicato e quindi costoso. Un cambio di paradigma essenziale in Italia, laddove l’evaso raggiunge la media di 13,2 euro nascosti al fisco ogni 100 euro incassati.

Come funzionano gli algoritmi

Il fisco usa dati già raccolti in precedenza, per esempio dalle dichiarazioni dei redditi e dai bilanci e li incrocia con altre informazioni già a disposizione dell'Agenzia delle Entrate al fine di individuare aree di rischio evasione secondo alcuni principi tra i quali:

  • forti incrementi patrimoniali in un periodo di imposta rispetto alla media degli incrementi registrati durante gli anni precedenti
  • confronto tra i dati a disposizione dell'Agenzia delle Entrate e quelli di altre banche dati alla ricerca di discrepanze. Per esempio, un titolare di partita Iva che opera in un settore delineato e che dichiara valori non in linea con quelli del mercato in cui è attivo, tra costi delle materie prime inverosimili o spese per il personale non coerenti con le attività dichiarate. Da qui può partire un'indagine sui conti correnti per valutare la presenza di cifre non dichiarate
  • discrepanze tra i ricavi dichiarati e gli importi finanziari attivi già noti all'Agenzia dell'Entrate. Qui entra in gioco la fatturazione elettronica che può essere esaminata dagli algoritmi per delineare se le dichiarazioni fiscali sono in linea con un risultato ragionevolmente atteso.
  • incrocio di altri dati quali, per esempio, la frequenza con cui il contribuente apre o chiude relazioni bancarie, il numero di conti di cui dispone o il numero di accessi alle cassette di sicurezza di sua pertinenza

Tutte analisi che vengono demandate all'Intelligenza artificiale ma che vengono poi supervisionate dall'uomo e che vengono smistate alle entità di verifica. I controlli sono quindi appannaggio degli algoritmi ma le decisioni che ne derivano non sono automatizzate.

Ognuna di queste funzioni algoritmiche è elaborata usando dati anonimizzati ai quali verranno dati connotati specifici (ossia il nome o la ragione sociale del contribuente) nel momento in cui vengono riscontrate anomalie degne di approfondimento.

I modelli matematici

Qui si entra nel dominio degli algoritmi che, di fatto, sono un insieme di funzioni matematiche finite. Le analisi che vengono effettuate dal fisco sono di tipo deterministico, ovvero basate sull'elaborazione di dati relativi a un soggetto fiscale lungo un periodo di tempo determinato.

A questa si aggiunge l'analisi probabilistica che, sempre mediante strumenti di statistica, assegnano un grado di probabilità al rischio che si verifichino scenari che favoriscono l'evasione. Per esempio, i criteri utilizzati possono essere il mercato in cui opera un'azienda e che è oggetto di speculazioni in un particolare momento storico.

Né l'analisi statistica né quella probabilistica sono di per sé indizi che portano a un intervento del fisco, ma diventano strumenti per individuare le platee da osservare con maggiore attenzione.

Un esempio

Prendiamo il caso di un'impresa che opera in un settore nel quale i margini di guadagno sono tipicamente elevati. L'analisi deterministica applicata dall'Agenzia delle Entrate prende in considerazione alcuni parametri, tra questi:

  • il rapporto tra le fatture elettroniche e dei relativi costi sostenuti
  • il reddito di impresa per addetto rispetto a quello di aziende che operano nel medesimo comparto

Incrociate queste informazioni, l'Agenzia delle Entrate raffina i risultati introducendo ulteriori elementi quali, per esempio, i dati ottenuti dai conti correnti, dalle fatture elettroniche emesse e dai bilanci depositati. Da qui si può decidere di approfondire le indagini per quei soggetti che hanno dei flussi sui conti correnti superiori al 150% dei ricavi dichiarati e per un importo superiore a 300mila euro.

Nelle intenzioni del fisco, quindi, c'è in prima linea la prevenzione e la lotta all'evasione di contribuenti di un certo rilievo e ciò non vuole dire che, in futuro, il focus non possa essere spostato sulle realtà aziendali più piccole.

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