Cronache

Una classe dirigente come si deve prima ascolta la città

Caro Lussana, la scelta di una nuova Classe Dirigente politica nella nostra città è tema di non poco conto.
Argomento caldo per non dire caldissimo per chiunque abbia tempo e voglia di analizzare il processo di crescita e di cambiamento di Genova.
Se è vero che l’analisi politica è figlia legittima e prediletta di quella sociologica non sfugge che dalle evidenze sociali espressione della città si dovrebbero riuscire a “leggere” i fenomeni politici in grado di emergere e di prenderci per mano.
La specificità, ed in questa sfumatura c’è tutta l’essenza della vita di Genova a tutto tondo, è che per una chiave di il lettura direzionale e di indirizzo dei processi di sviluppo (Classe Dirigente) a Genova il trentenne non esiste, il quarantenne è giovane, il cinquantenne forse ce la può fare e fra i sessanta ed i settanta si può decidere.
Qualunque dibattito che abbia come oggetto di discussione il tema della Classe Dirigente non può prescindere da questa premessa.
L’impermeabilità e la tenuta della classe dirigente genovese su questo punto è massima e radicata su più livelli.
Paradossalmente, anche se a molti può sembrare un’assurdità, a Genova uno dei pochi canali «possibili» in grado di creare una trasmissione fra gli strati sociali della popolazione resta la politica.
Il carattere delle relazioni è impostato (direi di default) su basi dove per il singolo risulta estremamente difficile tagliare trasversalmente il campo dei gruppi di interesse se non hai una conoscenza, a vario titolo, di lunga data (i gruppi sono chiusi).
I Diesse di casa nostra questo lo sanno bene tanto che a circa un anno dalle elezioni regionali è nato «Maestrale» vero pensatoio politico e sociale per tutto il loro movimento.
Sulla validità o meno delle associazioni culturali come base e supporto (necessario) ad un partito politico si potrebbe dire tutto ed il suo contrario.
A mio dire sono uno «strumento» utilissimo e non rinunciabile per il Progetto di una nuova Classe Dirigente.
Non basta dire ci vogliono i giovani. Non basta dire mandiamo a casa quelli che ci sono che noi siamo più bravi.
Al contrario bisogna ragionare e discutere su tematiche ben precise dove possano emergere le valutazioni di tutti gli strati sociali, e quindi anche dei singoli, della società genovese.
È sui temi specifici che si creano le opinioni ed è in questo contesto che nascono le personalità e le eccellenze. Oggi, e a Genova il centro destra non è da meno, la leadership bisogna andarsela a guadagnare sul campo perché non piove dall’alto, come spesso accade in Liguria per alcune persone vicine al centro sinistra in politica, come nell’impresa. Per noi necessariamente deve nascere dal basso con tutta la complessità che ne comporta. L’impegno e la voglia di mettersi in discussione dovrebbero essere le motivazioni di base per qualunque giovane che abbia voglia di creare del valore attraverso la politica. La parola d’ordine è sinergia. Sinergia a tutti i livelli ed in tutte le forme fra i giovani e quelli meno.
Se chi dirige ha tempo e voglia di ascoltare chi propone allora si che si crea il giusto sentimento.
In questa direzione, ma con risultati imbarazzanti, la sinistra questa idea-progetto è da anni che la porta avanti nelle forme e nei modi che più le sono congeniali.
La narcotizzazione di Genova ad opera del suo gruppo dirigente nasce dalla base associativa (ovviamente il Maestrale è solo l’ultimo nato di una grande famiglia).
A loro va bene così. Il Centro destra come conta di mobilitarsi per essere competitivo e capace di aggregare gente su progetti chiari e di utilità sociale?
C’è la volontà politica di vivere in modo intenso la città ascoltando le tante voci diverse per età e competenze sui problemi della città?
Una Classe Dirigente non si inventa da oggi al domani ma si crea attraverso un percorso in cui tutti vogliono raggiungere un obiettivo dove si è disposti a dare qualcosa lontano da egoismi e protagonismi di varia natura.
Per concludere diventa un passaggio obbligato, per metodo e programma, capire i valori e le coordinate che si vogliono dare alla città per i prossimi anni da parte di chi vuole rompere con l’immobilismo creato ad arte dal centro sinistra. Bisogna parlare e dialogare e nel caso litigare, ma comunque trasmettersi dei messaggi. Confronto non significa conflitto ma al contrario una crescita culturale e personale.


Coraggio ed una buona dose di disponibilità potrebbero essere gli ingredienti sufficienti per creare uno Spazio Aperto contenitore programmatico per chi desidera una Genova propositiva capace di aggredire il futuro e non di subirlo. Fantasia o realtà?

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