Coetzee fra piccole «Bugie» e grandi verità

Gian Paolo Serino

È un «mattatoio di cristallo» quello che racconta lo scrittore sudafricano J.M. Coetzee in Bugie che, come recita il sottotitolo, è una raccolta di «raccolti morali». Ed è soprattutto il grande ritorno dello scrittore, che nel 2003 è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Dopo le ultime prove narrative a dir poco scialbe, in queste prose torna ai grandissimi livelli di La vita degli animali, Vergogna, Aspettando i barbari, Età di ferro. In questi racconti brevi che hanno il compiuto risultato della parabola, Coetzee narra il terrore dell'improvviso, di come tutto possa cambiare, oltre che per ancestrali motivi naturali, anche per eventi esterni: basta un nonnulla perché la rabbia si trasformi, soprattutto per noi che viviamo «incapaci di resistere. Incapaci di mettere freno alla paura».

Sono sette racconti degni del miglior Cechov, e leggendoli avvertiamo il respiro dell'immortalità della Letteratura. Una scrittura cesellata come una punta di diamante che incide sui vetri delle nostre coscienze distratte un richiamo che non si fa mai palesemente morale: non c'è una morale, alla fine di ogni racconto, perché la morale siamo noi. L'abbiamo dimenticata e la grandezza di Coetzee è nel ricordarcelo, ma senza salire in cattedra, con una prosa semplice, asciutta, evocativa dove Dio non è assente nei singoli, ma in «paesi dimenticati da Dio». E non si pensi al Terzo mondo, ma alle nostre latitudini morali, dove anche la Letteratura sembra aver perso la propria forza primigenia: il farci reagire.

Protagonista dei racconti è Elizabeth Costello, personaggio che ritroviamo spesso nei romanzi dello scrittore e che è una sorta di suo alter ego. Tra le pagine riconosciamo i temi cari a Coetzee: l'ineluttabilità del destino, la fragilità umana davanti a una Giustizia che è spesso una macchina da burocrazia kafkiana, l'amore per gli animali che pur nel proprio essere selvaggi mantengono una purezza che noi esseri umani abbiamo perso.

Grandi temi universali che lo scrittore sudafricano tratta da un'angolatura inedita, con lo sguardo di chi assiste al tramonto dell'Occidente e va incontro alla devastazione armato di penna, restituendo il compito primo che dovrebbe porsi ogni intellettuale.

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