IL COLORE DELLA MAGLIETTA

Carissimi Cimaschi e Cevasco, in rigoroso ordine alfabetico. Avete fotografato alla perfezione la situazione.
Da un lato, ribadisco i miei elogi a Claudio Burlando e Marta Vincenzi ogni volta che vengono incontro alle esigenze dei cittadini, senza preoccuparmi del loro colore politico. A me, a noi del Giornale, interessa vivere in una città dove la qualità della vita sia migliore, dove i problemi vengano risolti, dove una segnalazione serva non a fare una battaglia politica - quello non è il nostro mestiere e dovrebbe farlo l’opposizione, che, anzi, invitiamo a leggere queste pagine con la stessa attenzione che riserva loro la maggioranza - ma a risolvere il problema. Se poi Claudio e Marta litigano (o non litigano, come si è affrettato a precisare Burlando con un tempismo sospetto in una lettera al Secolo XIX), sono fatti loro. Anzi, da osservatori, se i loro («non») litigi non danneggiano la città, è pure divertente assistere.
Poi, certo, abbiamo le nostre simpatie. Poi, certo, riteniamo il governo Prodi il peggiore della storia d’Italia. Poi, certo, non risparmiamo nulla a chi ci governa. Poi, certo cerchiamo di dare qualche consiglio all’opposizione, ritenendo che urlare e basta non serva a nessuno, nemmeno agli urlatori che rischiano di rimanere senza voce o, peggio, credibilità. L’opposizione dev’essere durissima, ma credibile.

E riteniamo - come sempre - che il colore della maglietta di chi governa non sia un criterio assoluto per giudicare. Visto che, nel nostro guardaroba dialettico, l’unica maglietta che ci interessa è quella dell’onestà intellettuale.

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